Nichi Vendola (foto LaPresse)

La passione di Vendola per i partitini prêt-à-porter da lanciare in autunno

Marianna Rizzini
L’aria sotto il Partenone è cambiata e in Italia non si può stare con le mani in mano

Roma. Rimanere fedeli a se stessi, pur scindendosi da se stessi (e non una volta sola): è mai possibile? E di nuovo dev’essere questo il dilemma, anzi il tormento, anzi il dramma interiore di Nichi Vendola, affranto per solidarietà nei giorni più duri del compagno greco (Alexis Tsipras), eppure anche pieno d’ardimento al pensiero dell’ultima annunciata evoluzione-rivoluzione, ovviamente d’ottobre: il “nuovo soggetto politico unitario” progettato per l’autunno, qualcosa che non sarà “un accrocco”, ha promesso Nichi qualche giorno fa, salutando idealmente “la sinistra residuale dei rancori” con l’intento di dare “la cattiva notizia” a Matteo Renzi, mentre la sua futuribile creatura preventivamente si colloca nel campo affollato da altri amici (o fratelli-coltelli a seconda delle circostanze), da Pippo Civati a Maurizio Landini. Le altre figurine dell’album, anzi del “cantiere”, come direbbe Nichi, della sinistra che vuole risorgere collettivamente dalle ceneri: cambi l’ordine dei fattori e il risultato si spera che stavolta cambi.

 

Non vuole che lo si disegni come colui che attribuisce a Tsipras, nell’ora grama, la sconfitta “netta”, Vendola, che ieri su Twitter smentiva sul tema addirittura il Corriere della Sera. Eppure l’aria sotto il Partenone è cambiata e in Italia non si può stare con le mani in mano. E infatti lui, l’uomo della poesia che sbarca con le fanfare in politica (Leitmotif delle antiche campagne elettorali in Puglia), lungi dal dare il via al nuovo corso deciso per se stesso qualche mese fa – ritrarsi dalla ribalta, rifuggire dalla vita pubblica, vagheggiare l’Africa alla maniera di un Walter Veltroni – s’è messo a studiare il rilancio. L’ennesimo. Sel “non si scioglie”, dice infatti Nichi, ma coglie “la sfida grande” di “costruire insieme a tanti e tante un nuovo soggetto della sinistra aperto, utile e di popolo”, e la mente corre a tutti i nuovi inizi vendoliani inanellati dal 2005 a oggi: Fabbriche, Narrazioni, congressi, mozioni, treni da prendere (la vita sognata in un mai nato governo Bersani, nel 2012-2013) e rimbrotti da sopportare (Fausto Bertinotti che non gradiva la svolta real-politica dell’ex allievo fedelissimo). E gira che ti rigira il Nichi di oggi, scisso e riscisso, pare sempre quello di ieri che dopo l’addio comune ai molti, il primo e più importante dal Pci post-Bolognina (anni Novanta), si inerpica sulla difficile strada del non scindersi dal Prc di fronte agli ulteriormente scissi (Comunisti Unitari, nel 1995), ma restando sempre e comunque vigile, e sempre e comunque pronto alla giravolta successiva.

 

Passano infatti gli anni, passa la vittoria nella Puglia felix (2005), ed ecco che un Nichi dubbioso si riaffaccia nel day after della più terribile delle sconfitte, quella alle politiche del 2008, con uscita delle sinistre dal Parlamento e tutto un deserto da attraversare. Perché non superare Rifondazione?, è in sostanza l’idea (anche congressuale) del Vendola quasi-scisso; perché non unirsi con i Verdi e con gli ex del Correntone? Non vince, Nichi, ma qualcosa rimane, se è vero che un anno dopo se ne va (scissione vera) per fondare Sel. E non è tutto: scissione per scissione, tanto vale rifondare pure la Narrazione, da cui le Fabbriche suddette, roboanti laboratori di idee, “ramificati in tutta Italia”. Questo era il progetto di dichiaratissima grandeur, con mille bandiere, i militanti in festa e la musica che non poteva essere che quella: “Ricominciamo” con arrangiamento reggae. “Le Fabbriche devono provare a espandersi”, diceva Nichi, “perché il cantiere ora è quello dell’Italia Migliore”. Era il 2010, sì, ma poteva benissimo essere il passato, e pure il futuro, per esempio l’inverno del 2015, quando Nichi preparava il terreno per la svolta odierna. Non con la Fabbrica, non con il Cantiere, bensì con il pensatoio denominato “Human Factor”: riunione di scrittori, economisti, giornalisti, politici, sindaci (Luigi De Magistris, Giuliano Pisapia) più l’immancabile Curzio Maltese. “Se sei arrivato fin qui e hai buone idee da mettere in comune, questo è il momento per farlo. Dicci di te, dei tuoi progetti, del sogno di un mondo migliore, sostenibile e giusto”. Pareva un reality, e invece era solo la prova generale della prossima auto-scissione.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.