Una manifestazione dei sostenitori di Tsipras a Roma, lo scorso 3 luglio (foto LaPresse)

Un abbraccio forte a Barbara Spinelli, Stefano Fassina, Pippo Civati e Beppe Grillo

Claudio Cerasa
Tsipras dimostra che il populismo va bene per giocare con il referendum ma non per salvare un paese. Lezioni per la brigata Kalimera.

L’esito delle trattative tra la Grecia di Alexis Tsipras e l’Europa dei capi di governo dell’Eurozona dimostra, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che l’unico modo che aveva il capo del governo greco per essere coerente con se stesso e con lo spirito referendario era l’uscita dall’Eurozona e dimostra allo stesso tempo che l’unico modo per salvare la Grecia era quello di tradire lo spirito con cui una settimana fa venne convocato il referendum non per dire no al piano di salvataggio proposto dai governi dell’Eurozona ma per dire genericamente no all’Europa dell’austerità. Tsipras ha scelto la seconda strada, ha scelto di perdere la faccia per non perdersi la Grecia, ha accettato un piano che, se possibile, è tosto almeno quanto quello che non era stato accettato dal governo greco prima di convocare il referendum e ha dato una delusione grande così a tutta l’internazionale dei chiacchieroni che aveva sperato di utilizzare il premier greco come un cavallo di troia per sconfiggere e piegare l’Europa dei terroristi della finanza.

 

La Grecia, dunque, rimane in Europa e nell’Eurozona alle condizioni dell’Europa e non della Grecia e si tratta di un passaggio fondamentale che forse non sarà ancora decisivo ma che toglie carburante dai motori dell’internazionale degli impostori che in tutti questi giorni ha provato a dimostrare che fosse legittimo e lecito che una democrazia (quella greca) valesse di più di altre diciotto democrazie che avevano deciso all’unanimità un programma di salvataggio che era saltato in nome della cessione di sovranità al popolo sovrano. La lezione di questi giorni dunque è utile anche perché il caso Tsipras tra le tante cose dimostra che un paese in crisi che chiede soldi per andare avanti deve accettare delle regole che vengono imposte non dai debitori ma dai creditori e in un certo modo Tsipras dimostra anche di aver capito che non solo non c’è alternativa all’austerity per un paese con le pezze sul Partenone ma anche che l’uscita dalla cornice europea avrebbe comportato dei sacrifici che al confronto l’austerity imposta dall’Europa corrisponde più o meno al solletico.

 

[**Video_box_2**]Vedremo come si evolverà la trattativa tra la Grecia e l’Europa ma se c’è un dato che vale la pena mettere in rilievo in queste ore è la disperazione totale dei campioni del populismo che avevano pensato anche solo per qualche ora di poter sostituire all’Europa delle regole (da cambiare, modificare, quello che volete) l’Europa dei simpatici ricatti. Un abbraccio forte a Barbara Spinelli, Stefano Fassina, Pippo Civati e Beppe Grillo.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.