
Ansa
Piccola Posta
Violare il tabù dell'atomica a parole è già metà dell'opera
Sganciata la prima, sganciata la seconda, i detentori si persuasero a non farlo più per 80 anni (intervallo notevole per gli esseri umani), e la sua minaccia fu messa in ombra da altre fini del mondo. L'invasione dell'Ucraina ha poi eccitato la nuova fragorosa banalizzazione della Bomba. Così tutte le condizioni favorevoli si sono raccolte
Sono troppo disordinatamente in viaggio per scrivere del mondo nuovo, e del resto conviene trattenere il respiro per un po’. Ho appena preso la Linea 2 a Pietrarsa, sul cui muro una grande scritta dice: “3 OTTOBRE 1839, L’INVENZIONE PIU’ RIVOLUZIONARIA DELLA MODERNITA’, IL TRENO”. (Era la Napoli-Portici, la prima ferrovia in Italia). Andavo alla stazione centrale, per soli 1 euro e 50, da un lato avevo il mare, dall’altro il Vesuvio. Il più rivoluzionario poeta della modernità, di cui era piuttosto sdegnoso, Giacomo Leopardi, nel 1836, solo due anni prima che arrivasse il treno, a un paio di fermate oltre la mia, a Torre del Greco, scriveva “La ginestra”, sotto “l’arida schiena / del formidabil monte / sterminator Vesevo”.
Anche negli sterminii la postmodernità non ha fatto che progredire, inventò anche gli appositi campi. Quale sarà l’invenzione più rivoluzionaria della postmodernità, o come la chiameremo, i nostri giorni, le nostre notti, da scrivere in maiuscolo sul muro contro il quale saremo andati a sbattere? “L’intelligenza artificiale”, diranno subito i miei piccoli lettori. Macché, ragazzi, avete sbagliato. Non so la risposta giusta, naturalmente. Fino a poco fa si poteva poetare pro o contro la bomba atomica, o farne senz’altro l’elogio. (Qualcuno l’ha fatto sul serio). Dopotutto, una volta sganciata la prima, e due volte sganciata la seconda, aveva persuaso i detentori a non farlo più, per 80 anni, che è un batter d’occhi geologico, ma un intervallo notevole per le storiette umane. Era diventata un’abitudine anche non nominarla quasi più, spodestarla con catastrofi improvvisamente più impellenti, congelarla e fare perfino dei piccoli passi verso la riduzione degli arsenali. Un po’ di proliferazione succedeva, ma passava come una crisi di coppie, India e Pakistan, o come una mania buffa, nordcoreana. Il Sudafrica si era fatto le bombe e addirittura rinunciò ad averle. Per il resto, il trattamento fu piuttosto estemporaneo. Israele aveva provveduto in sordina. Nel 1981 i piloti israeliani a volo radente fecero fuori il reattore nucleare iracheno di Saddam, comprato in saldo dai francesi e già danneggiato dagli iraniani, a Osiraq, in barba al diritto internazionale, e fecero molto bene.
Kim Jong Un, una macchietta – le macchiette moderne hanno l’atomica – trovò finalmente uno alla sua bassezza, Donald Trump. La comunella non durò abbastanza. Dopo l’invasione dell’Ucraina Putin ne ha fatto il suo amico del cuore. L’invasione dell’Ucraina, e il suo scacco dei primi giorni, hanno eccitato la nuova fragorosa banalizzazione dell’atomica, messa in ombra dalle altre fini del mondo, il clima, la pandemia, la teocrazia, il chiacchiericcio… Ancora una volta per bocca di un pagliaccio, già presidente a scadenza della Russia, Medvedev. Violare un tabù a parole è già metà dell’opera. Così tutte le condizioni favorevoli si sono raccolte. L’Iran dei mullah, che da tempo faceva il passo più lungo della gamba, era finito coi fianchi massacrati. La protervia russa, che aveva impedito di fermare la carneficina siriana, era diventata tributaria di carne e proiettili di Kim e di droni di mullah, oltre che protettrice di Hamas, e infine alleata del presidente americano. Tutti, per dirla malamente, tenevano per le palle tutti, Putin Trump, Netanyahu Trump, Trump l’Europa – e la Cina scaldava i motori per Taiwan: il momento buono, la congiuntura astrale immancabile. Il governo e l’esercito dell’ininterrotta carneficina di Gaza, e il presidente della ridente riviera di Gaza, smaniosi di Nobel per la pace, hanno agito in nome della non proliferazione. La fede in un dio sa bucare le montagne, all’andata e al ritorno. Non c’è un solo stato al mondo, tanto quelli che non disdegnano un po’ di democrazia quanto quelli che hanno il proprio popolo come principale nemico, che non perda il sonno chiedendosi come fare a dotarsi sotto sotto di un armamento nucleare. Prima che sia troppo tardi. Macché sterminator Vesevo, macché TRENO. Naturalmente, è troppo tardi.
Ieri il bombardamento israeliano ha toccato anche, com’era previsto, il carcere di Evin. Come si deve sentire un prigioniero qualunque durante una qualsiasi guerra mondiale?