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Piccola posta

Benedette onlus. International Help per Kirkuk, la “Gerusalemme curda”

Adriano Sofri

Iniziative nel povero mondo e un convegno a Torino dedicato al rapporto con la città favolosa e tormentata

Nel 2005, quando Cristiano Lucarelli era in piena auge (vedi “Tenetevi il miliardo. La sfida che portò il Livorno in serie A”, Carlo Pallavicino-Paolo Virzì) si svolse a Livorno un evento benefico con i calciatori e la tifoseria. Il sogno della Cuba rivoluzionaria resisteva, dunque decisero di devolverle il ricavato. La onlus International Help se ne fece tramite, e cominciò una collaborazione con la Caritas cubana, la quale teneva a Santiago un “Comedor n.5” che sfamava 150 anziani indigenti. Ristrutturò cucina bagni e altri locali, comprò freezer e lavatrice a misura, sanificò la distribuzione dei pasti. Aggiunse una distribuzione regolare di medicinali, poi un contributo mensile in denaro, poi aiuti alla bisogna, soprattutto, dopo gli uragani, materassi, scarpe, saponi… A quasi 20 anni di distanza la cosa continua, e Cuba è paurosamente povera. Generi di prima necessità come zucchero (!), caffé, elettricità, acqua, mancano. Santiago de Cuba, la città “rebelde” per eccellenza, è ancora oggi la prima nelle manifestazioni contro la fame.

Ong, onlus, con le debite eccezioni, sono una benedizione per l’umanità povera, e anche per la povera umanità. International Help è fra quelle che ho conosciuto “sul campo”, nel Kurdistan iracheno. Era stata fondata a Torino nel 1995, e fra i fondatori c’è un medico mio amico di gioventù. Così ho avuto il privilegio di esserne costantemente informato. Mi piace del loro statuto, e della sua applicazione, che non preveda costi di apparato: viaggi in aereo e soggiorni sono a carico dei soci, i quali usano le loro case come uffici. Si finanziano con le donazioni, con l’organizzazione di eventi culturali, con le pubblicazioni, con produzioni artigianali. Hanno un invidiato presidente onorario come Bruno Gambarotta. Nel Kurdistan, che dopo il 2014 dovette accogliere quasi due milioni di profughi in fuga dal Califfato (cose così succedono all’altro mondo, e nessuno le chiama invasioni) si sono impegnati soprattutto nella sanità e poi, sconfitto l’Isis, nell’aiuto al ritorno. Il 12 aprile, a Torino, un importante convegno sarà dedicato al rapporto con Kirkuk, la città favolosa e tormentata, la “Gerusalemme curda”, benedetta e maledetta dal petrolio e dal gas. Dal 2016 Torino, con Fassino prima e Appendino poi, aveva stabilito una partnership con Kirkuk, ostacolata poi dalle vicissitudini di quella regione.

Al convegno del prossimo venerdì, patrocinato dal sindaco Lo Russo e dalla presidente del consiglio comunale Grippo, interverranno Fassino, il consigliere regionale responsabile dei diritti umani Leo, la militante e scrittrice Gulala Salih, che è nata a Kirkuk ed è curda, irachena e veneziana. Poi due Gianni, Vernetti, già sottosegretario agli Esteri, e Sartorio, presidente di Help. Da Kirkuk il consigliere provinciale Nashat Shawweez Khorsheed e Abduljabbar Mustafa Baghawan. “Jabbar”, 70 anni, è l’amico di chiunque abbia soggiornato nel Kurdistan di Erbil, di Suleimanya e di Kirkuk. Giovane peshmerga, riparò nel 1980 in Italia e, da rifugiato, si laureò in Architettura a Torino e diventò cittadino italiano. A Torino vivono sua moglie e due figlie. Lui fra Italia, Erbil e Kirkuk, dove si divide fra la professione, la passione politica e la cura di Help.  
Nel Kurdistan “siriano”, il Rojava aggredito dalla Turchia, l’impegno di IH ha procurato una quarantina di pozzi. In Afghanistan, dove ha finanziato per 13 anni una “Clinica dell’amicizia” con l’Italia, che curava 1.500 pazienti al mese, promuove nove classi di studentesse di scuole superiori, nella provincia di Ganzi, cercando di superare le proibizioni talebane. Laica com’è, IH collabora in alcuni luoghi con significative attività religiose.

Così nel Guatemala, o nel Mato Grosso, a Cuibà, dove padre Mauro Verzelletti procura ai bambini dei migranti cibo e scuola: ha dovuto tornare in Brasile per le minacce delle bande criminali guatemalteche. Nel sud dell’Etiopia, a Dilla, IH mantiene una mensa per 450 bimbi, e nell’ovest di Gambela, a Lare, un asilo e una mensa per 350 bimbi, oltre all’ospedale di Abobo, unico presidio sanitario. In Guatemala, dopo una lunga cooperazione con la Pastorale dei Migranti nella campagna contro la tratta di esseri umani, oggi sostiene la Guarderia Nazaret, un asilo che istruisce e dà da mangiare a centinaia di bambini poveri nella Zona 18 della capitale. E così avanti. E’ impressionante che cosa riescano a fare normali persone di buona volontà.

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