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Piccola posta

Il tema ormai antico degli affetti e del sesso in carcere

Adriano Sofri

Il 17 maggio un'intera giornata, promossa da Ristretti Orizzonti, per discutere di un argomento recentemente ravvivato da una sentenza della Corte Costituzionale. Testimonianze e storie

Ornella Favero e la redazione di Ristretti Orizzonti, con la direzione della Casa di Reclusione di Padova, hanno promosso per l’intera giornata del 17 maggio prossimo un incontro dal titolo “Io non so parlar d’amore”. Il tema è quello ormai antico degli affetti e del sesso in carcere, un fuoco esausto sotto le ceneri, ora ravvivato dalla sentenza della Corte Costituzionale che ha reagito alla “desertificazione affettiva” e spiegato che i colloqui intimi, in spazi che somiglino quanto più è possibile alla vita all’esterno, non hanno bisogno di aspettare nuove leggi. Una sentenza che “potrebbe essere rivoluzionaria”, se solo venisse rispettata e realizzata.

Il programma è dei più impegnativi. Fabio Gianfilippi è il magistrato di sorveglianza, a Terni, che aveva sollevato la questione di costituzionalità dell’art.18 del Regolamento, sui controlli visivi imposti agli incontri. Il costituzionalista Andrea Pugiotto argomenta che superare l’amputazione della sessualità sia, oltre che il più naturale e lecito dei desideri, un diritto che la detenzione non può sospendere. Chiara Gregori, ginecologa e sessuologa, segue i minori stranieri al Beccaria e ascolta e parla con loro delle emozioni e del legame fra la delicatezza la gentilezza e il piacere. La scrittrice Francesca Melandri tratterà, come ha fatto nei suoi libri, del ripudio di un’idea della pena, e anche della vita libera, che trasforma gli umani in analfabeti amorosi. Il criminologo Roberto Cornelli affronterà il rapporto fra “uno sguardo ostile e uno accogliente” nel ruolo della Polizia penitenziaria e degli operatori civili, il tema più spinoso – si tratta delle resistenze forse ormai più strumentali che culturali di chi non vuole diventare “guardone di Stato”, e che somigliano da vicino alle resistenze di detenuti maschi “all’antica” che respingevano come un disonore l’idea di far entrare “le loro donne” a un così basso fine.

Cosima Buccoliero, già direttrice di Bollate e di altri carceri, oggi di Monza, tratterà del ruolo delle direzioni per passare dal principio al fatto, e della mutilazione e dell’atrofia dei sentimenti prodotte dalla ordinaria detenzione, passata innaturalmente per “naturale”. C’è anche l’amore delle madri: una di loro, Stefania, madre di un giovane morto in carcere poco dopo il suicidio di un coetaneo e vicino di cella, dirà, prima che del “problema”, del modo in cui lei e altre madri l’hanno vissuto. E ci saranno figli, compagne, genitori di detenuti, a dire dell’esperienza del carcere dei propri cari che ha sconvolto anche le loro vite. “È con loro prima di tutto che bisogna aprire un dialogo, perché il rischio è che si creino illusioni, diffidenze, e anche la sensazione di essere discriminati o esclusi, dal momento che la sentenza limita la possibilità dei colloqui riservati al coniuge, la parte dell’unione civile o la persona stabilmente convivente”.
Ad aprire e coordinare l’incontro saranno il direttore della Casa di Reclusione, Claudio Mazzeo, e il criminologo Adolfo Ceretti, docente e responsabile della mediazione penale a Milano.

Sul sito di Ristretti Orizzonti si trova il modulo d’iscrizione per chi volesse prender parte alla giornata.

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