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Quelle attiviste schierate sul #MeToo, ma dubbiose sugli stupri di Hamas

Adriano Sofri

Da questa inaudita vicenda, in un paese come l’Israele di Tel Aviv, viene una conferma del paradigma così arcaico, così hollywoodiano, secondo cui uomini stuprano e uccidono donne, e altri uomini vendicano donne stuprate e uccise: nel silenzio compunto degli uni e degli altri

Ieri, 23 novembre, finalmente un importante quotidiano italiano come Repubblica ha tradotto un intervento sugli stupri, le mutilazioni sessuali, lo spettacolo di esultanza, inscenati dagli uomini di Hamas il 7 ottobre. L’autrice, Tamar Herzig, è una storica dell’università di Tel Aviv. Ho detto “finalmente”. La vicenda è esemplare, e ci riguarda da vicino, riguarda la nostra affannata discussione di donne e uomini. Lo scorso 15 novembre, Haaretz aveva pubblicato l’articolo di Allison Kaplan Sommer intitolato: “Le donne israeliane lottano per rompere il silenzio globale sulla violenza sessuale di Hamas”. Diceva: “Nei giorni e nelle settimane successivi all’attacco terroristico di Hamas, era chiaro fin dall’inizio che la violenza sessuale era parte del piano: non solo massacrare gli israeliani, ma anche ferire l’anima nazionale del paese. Le prove dei crimini sessuali sono state immediatamente evidenti a coloro che hanno recuperato i corpi, compresi quelli di donne che erano nude e portavano segni di brutalità e abusi”. E denunciava l’incapacità o la reticenza delle autorità a trattare i “brutti dettagli”, magari con l’alibi di proteggere vittime e famigliari, così che “l’intera portata delle atrocità sessuali non era abbastanza precisata o documentata da meritare i titoli dei giornali nazionali o internazionali”. Le agenzie dell’Onu preposte all’indagine sui reati sessuali, e agli stupri di guerra, divenuti così centrali per il diritto internazionale e i crimini di guerra almeno dalla guerra di Bosnia, hanno bellamente e “imperdonabilmente” (così la professoressa Ruth Halperin-Kaddari) ignorato la questione. 

 

In Israele è stata una Commissione civile a indagare e rendere pubblici i crimini contro donne e bambini del 7 ottobre. Solo sulla sua scia la polizia israeliana “ha rivelato le prove raccolte, tra cui testimonianze oculari dello stupro di gruppo e dell’omicidio di una giovane donna che si nascondeva dai terroristi di Hamas”. E infine la polizia ha tenuto un briefing per i media internazionali presentando le prove. Il ministero degli Esteri ha avviato una campagna con l’hashtag #BelieveIsraeliWomen, in vista della Giornata internazionale delle Nazioni Unite per l’eliminazione della violenza contro le donne, domani, 25 novembre. 

Da questa inaudita vicenda, in un paese come l’Israele di Tel Aviv!, viene una conferma del paradigma così arcaico, così hollywoodiano, secondo cui uomini stuprano e uccidono donne, e altri uomini vendicano donne stuprate e uccise: nel silenzio compunto degli uni e degli altri.  L’articolo di Tamar Herzig è, finalmente appunto, chiaro. “Le crudeli violenze sessuali inflitte alle donne israeliane durante l’attacco di Hamas sono state filmate con bodycam e caricate sui social dagli autori. In quei video si sentono i terroristi accordarsi per stuprare delle ragazze e li si vede portare in parata le vittime rapite e condotte a Gaza, con i vestiti strappati e il sangue che cola fra le gambe. Le sopravvissute, una volta trasferite in un centro di pronto soccorso, hanno descritto gli assalti subiti. Altri testimoni hanno dichiarato di aver assistito allo stupro di gruppo e all’asportazione dei seni di una giovane. I membri delle squadre di soccorso hanno riferito di mutilazioni genitali inflitte alle ragazze trovate morte, nude e coperte di sangue e sperma, nelle loro camere da letto. Nelle settimane successive, le autopsie dei cadaveri delle israeliane assassinate hanno rivelato tracce di stupri tanto violenti da provocare la rottura delle gambe e del bacino…”. 

 

Gli articoli che ho citato nominano esponenti femministe del mondo ricco che si sono impegnate a negare o dubitare degli stupri di Hamas. Herzig si dichiara “sbalordita” dall’abbandono delle attiviste del MeToo che avevano per motto “Io ti credo”, “anche in assenza di prove corroboranti”, e oggi “rifiutano le prove abbondanti, comprese le testimonianze delle sopravvissute al massacro”.  Ho l’impressione che di tutti i fraintendimenti, tragici o grotteschi, che la guerra di Hamas e Israele ha fatto esplodere nella testa degli spettatori e delle spettatrici sugli spalti, questo sia il più rivelatore.

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