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Il classico di Carlo M. Cipolla sulla stupidità ora ha anche le vignette di Staino

Adriano Sofri

“Le leggi fondamentali della stupidità umana” è il saggio che anche gli stupidi riconoscono come proprio testo di riferimento. Si può sospettare una certa malizia nell'editore che lo ripubblica, ingolosito dall'attualità del tema. Ma l’assunto fondamentale è un altro: la stupidità umana è senza tempo

Il testo breve che Carlo M. Cipolla (1922-2000) scrisse per un’edizione inglese fuori commercio nel 1976, poi tradotto dal Mulino, “Le leggi fondamentali della stupidità umana”, è un classico. Classico è, per eccellenza, un saggio sulla stupidità che anche gli stupidi riconoscano come il proprio testo di riferimento. Ora il Mulino lo ripubblica in un’elegante edizione rilegata, ideale per un Natale intelligente, col pregio delle illustrazioni a colori di Sergio Staino, che succede all’Altan del 2015 (euro 16, trattabili). Si può sospettare una certa malizia negli editori, ingolositi da una travolgente attualità del tema, che però tradirebbe l’assunto di partenza di Cipolla: la stupidità umana è senza tempo. “Le faccende umane si trovano, per unanime consenso, in uno stato deplorevole. Questa peraltro non è una novità. Per quanto indietro si riesca a guardare, esse sono sempre state in uno stato deplorevole”. Tuttavia non ci si rassegna facilmente a rinunciare alla sensazione che non si sia mai stati stupidi come oggi, e che domani lo si sarà di più, e così via. E’ la nostra aggiornata nozione di progresso, che ha dovuto ripiegare quanto all’ottimismo ma tiene duro. E oggi ha dalla sua la tribuna universale che alla stupidità offrono i mezzi sociali, inverando come mai prima la legge della domanda e dell’offerta.

I disegni di Staino sono resi particolarmente felici dall’argomento così sentito. Michele figlio (fidato coautore e curatore dello sterminato magazzino di immagini di Sergio) chiede: “Babbo, la stupidità è contagiosa?”. “No davvero. E’ endemica”. Poi tocca a Ilaria figlia interrogare Bobo: “Ma esiste un modo per misurare la stupidità?”. “No. Purtroppo dobbiamo andare avanti a tentoni”. Oppure è Molotov a osservare filosoficamente: “Certo che quando credevamo nell’Unione sovietica eravamo proprio stupidi”. E Bobo: “Be’, il fatto che non ci sia più non vuol dire che siamo guariti”. Ne cito solo un’altra, sapendo che è un sacrilegio rubare le parole a una vignetta, ma ce ne sono tante altre, e poi le parole sole sono come il profumo di cucina di un pranzo che sta per essere imbandito. Ilaria: “Ma si può dire a uno stupido che è uno stupido?” Bobo: “No di certo. Gli rovineresti la sorpresa”. Ecco. Buon appetito.

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