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"Mamma Odessa, chissà cosa ne è stato di te?", colonna sonora di queste notti

Adriano Sofri

Una canzone che veniva prima della Shoah, la sua nostalgia era quella del migrante. Non ho mai messo piede nella città, ma questo fa più pungente la nostalgia

"Mamma Odessa, chissà che cosa ne è stato di te?". La canzone veniva prima della Shoah, la sua nostalgia era quella del migrante. La colonna sonora di queste notti è fatta di canzoni yiddish, specialmente quelle che cantano di Odessa – Ades. “Ver veyst vos iz gevorn fun dir yetst? Ades, Ades, ikh beynk nakh dir – Ades!”. Odessa, Odessa che cosa ne sarà stato di te? Mi manchi! Non ho mai messo piede a Odessa, ma questo, sapete, fa più pungente la nostalgia. Ne ho letto quanto ho potuto, ho ascoltato canzoni (anche i Bee Gees, 1969, là era un naufragio). Ho letto un saggio di Robert A. Rothstein, “How It Was Sung in Odessa: At the Intersection of Russian and Yiddish Folk Culture” – Come si cantava a Odessa: all’incrocio fra folklore russo e yiddish (2001). Nel censimento del 1897, dice, il 51 per cento parlava russo, il 33 per cento yiddish, il 6 per cento ucraino, e poi polacco, tedesco, greco, anche italiano. E si mescolavano, “un’insalata di lingue”, la chiamavano. C’erano delle singolarità, per esempio lo “za”, di cui si è tristemente discusso per la scritta infame sull’ordigno di Kramatorsk: za dietei, che nell’insalata odessita voleva dire “attorno a, riguardo a”, “Ia vam ne skazhu za vsiu Odessu”, io non posso dirvi tutto su Odessa. Spesso era la struttura yiddish a modellare il russo o l’ucraino: “Vy khochete pesen? Ikh est’ u menia” - Volete canzoni? io le ho. Su qualche giornale russo la città diventava Iudessa (Judaeodessa). Parole yiddish finivano proverbialmente nelle frasi russe, come per vantare il fascino di una donna: “Eto ne zhenschchina, a tsimes”, non è una donna, è uno tsimes, uno stufato di verdura, una specialità – una delizia, insomma. Lo “adeser yidish”, lo yiddish di Odessa, era a sua volta pieno di parole russe. 

Ades iz kleyn-Pariz, Odessa è una piccola Parigi, si diceva, ma per correggere subito: Pariz dolzhen u Odessy botinski chistit, Parigi le dovrebbe lustrare le scarpe, a Odessa. E si sentenziava: Non è da tutti nascere a Odessa. “Dio si trovava bene a Odessa, nessuno che gli desse fastidio”.

La perla del Mar Nero, o del mare e basta. I suoi poi la chiamavano davvero così: Mamma Odessa. Trovate notizie e traduzioni nel sito di Antiwar Songs. La potete ascoltare cantata da Pesakh Burstein (1896-1986) o da Aaron Lebedeff (1873-1960). O, ora, “Proschchai Odessa”, Goodbye Odessa, nella combinazione di Olga Avigail Mieleszczuk, col violino di Daniel Hoffman.

Nel 1939 a Odessa vivevano 180 mila ebrei, quasi un terzo della popolazione. Alla fine della guerra ne restavano, fra sterminio ed esodo, 600. In due soli giorni, fra il 22 e il 24 ottobre 1941, gli occupanti romeni e i nazisti tedeschi massacrarono fra i 25 mila e i 34 mila ebrei, mitragliandoli o costringendoli a una marcia della morte o radunandoli e dando loro fuoco.

(Il 2 maggio del 2014 a Odessa sono avvenuti scontri furiosi fra gruppi filorussi e altri, molto più numerosi, filo-Euromaidan, fra i quali militanti di estrema destra del Pravyj Sektor. Ci sono state sparatorie e morti per arma da fuoco, lanci mutui di molotov, omissioni o complicità della polizia, intervento tardivo, o deliberatamente ritardato dai manifestanti, quando è scoppiato un incendio nella Casa dei sindacati, dentro la quale si erano riparati manifestanti filorussi e si trovavano persone al lavoro. Sono morti in 42, 34 uomini, 7 donne e un ragazzo diciassettenne: 10 di loro buttandosi giù dalle finestre. Fra i manifestanti “unitari” esterni ci fu chi si adoperò per salvare le persone in fuga dall’edificio, e chi vi si oppose e tentò di linciarle. In tutto, “247 persone sono state portate fuori dalla scena e necessitavano di assistenza medica: 27 persone con ferite da arma da fuoco, 31 accoltellate, 26 con ustioni e intossicazione da prodotti combustibili, 163 con lesioni da oggetti contundenti. Di questi, 99 persone sono state ricoverate in ospedale, di cui 22 poliziotti, e 35 in gravi condizioni”. Sulla pagina di Wikipedia è pubblicato integralmente il rapporto dell’ufficio dell’Alto commissario per i Diritti umani dell’Onu. Nessuno dei procedimenti giudiziari è mai arrivato a sentenza).

Bisognava ricordare anche questo sacrilegio. Torniamo al punto: “Mamma Odessa, chissà che cosa ne è stato di te?”. Mamma Odessa, chissà che cosa sta per essere di te, di nuovo. Ho una domanda da fare, da farci. Penso infatti che sia tardi per continuare a discutere se vorremmo dare agli ucraini le armi che chiedono o vorremmo negargliele. Ne abbiamo già parlato abbastanza, ci siamo già divisi troppo. Gli ucraini hanno appena ricevuto armamenti anti nave (o la loro promessa). Potranno servire a contrastare i bombardamenti su Odessa attuati dall’artiglieria delle navi russe che fronteggiano la città – la perla. C’è qualcuna, qualcuno fra noi cui dispiaccia che Odessa, la sua gente, il suo teatro, la sua scalinata, dispongano di armi a difesa dal cannoneggiamento navale?

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