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I franchi tiratori, dopo i leggendari 101, oggi tornano figure solitarie

Adriano Sofri

Militarmente, il franco tiratore aveva addosso un’aura romantica, garibaldina. Nell’accezione politica, era un traditore, un cecchino contro i suoi. Oggi fa i conti, se non con la propria coscienza, con la propria sopravvivenza. Aggrappato ai tetti delle Camere, è il resistente strenuo dell’antipolitica.

Intervistato da Tommaso Labate per il Corriere, a proposito del Quirinale venturo, Clemente Mastella dice: “Una volta c’era il problema dei franchi tiratori. Adesso, coi partiti dissolti e i parlamentari in libera uscita, sono quasi tutti tiratori franchi”. Finalmente, verrebbe da dire. Il Parlamento più screditato, quello in cui è avvenuta una metodica selezione alla rovescia, teorizzata da alcuni, praticata dai più, va realizzando l’indipendenza personale delle sue e dei suoi componenti. Garantita costituzionalmente, del resto. Militarmente, il franco tiratore aveva addosso un’aura romantica, garibaldina. Nell’accezione politica, franco tiratore era un traditore, vilmente riparato dal segreto del voto, un cecchino contro i suoi, un impallinatore. Strada facendo, i franchi tiratori, specialità democristiana, erano diventati una categoria delle più compatte: i leggendari 101 contro Romano Prodi, esemplarmente. E il segreto, vero o pulcinellesco, che ancora li avvolge. Ora, come avverte Mastella, il franco tiratore è restituito alla sua figura solitaria: fa i conti, se non con la propria coscienza, con la propria sopravvivenza. Aggrappato ai tetti delle Camere, è il resistente strenuo dell’antipolitica. Forse, alla prima chiama, ci saranno altrettanti voti diversi quanti saranno i votanti. Oppure ci sarà una vasta adunata dei refrattari: un esercito di cecchini trasversali. Altro che 101. 

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