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piccola posta

Compassione per Davigo

Adriano Sofri

La sicurezza di sé rende difficile prepararsi alle cadute. Così è stato finora per il magistrato

Vedo Davigo in televisione e sento riaffiorare una debolezza antica per il mio prossimo quando sia un po’ a terra. Del resto, niente dà alle nostre facce un tratto umano quanto il trovarsi in pericolo, sull’orlo della caduta. Tanto più forte è la tentazione della compassione quanto più sicura di sé si mostrava fino a poco fa quella faccia. In alcune persone c’è un’adesione al ruolo che prende qualcosa di automatico, di infrangibile, e non le prepara al rischio.

 

Prima d’ora c’era caduto in pieno, con la gogoliana rincorsa del posto perduto a palazzo e la malaugurata pensione, ma a insidiarlo era il ridicolo. Ora è diverso. Me l’ha reso quasi fraterno una frase pronunciata nel programma di cui era quasi co-conduttore, e riportata dai giornali: “La mia vita parla per me”. Generosa illusione. Diciamo che la nostra vita parla per noi quando ci costringono a parlare per la nostra vita. Impresa disperata, tanto più quando dall’accusa si passa di colpo alla difesa. Auguri, comunque.

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