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La Liberazione in cammino tra i campi
Il 25 aprile in zona rossa, la campagna è deserta. Sono fioriti i campi, soleggiati a stare al meteo, da misurare soli e pensosi
Vivo in campagna, la campagna è deserta, ci cammino solo e in pensiero, o canticchiando, inaudito, e ignorando le disfide fra aperture e chiusure – inclinando alla clausura, comunque. Certo è un po’ buffo, diciamo così, che il calendario venatorio delle aperture parta dal 26 aprile. Un lunedì, per giunta. Sono intimo del 25 aprile, è il giorno in cui nacque mia madre. E il giorno della liberazione. Domani misurerò, solo e pensoso, o canticchiando, i campi deserti e per lo più soleggiati, a stare al meteo. Forse conterò ad alta voce i miei passi, succede, è un’abitudine di galera, cortile corto dell’aria, strettoia di cella. Nessuno che legga di fuori com’io dentro avvampi. Da un po’ di giorni sono fioriti i papaveri, rossi ma ancora timidi, e le orchidee selvatiche. Sono sfioriti anemoni e tulipani selvatici, vigono gialli oro e blu-viola. Sono rigogliosi i ranuncoli, le pervinche, il latte di gallina, il tarassaco, i muscari. Le pratoline, naturalmente. Si cammina a passi più lenti e più tardi sull’arena stampata di vestigia di cinghiali – i cinghiali non lasciano neanche un metro quadro senza rivoltare le zolle. Camminerò e tornerò a casa al cambio turno, prima del tramonto, come gli altri giorni. Però non sarà un giorno come un altro. Sarà il 25 aprile. Zona rossa.
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L'eleganza del maneggiare la differenza di opinioni