Il ministro dell'Interno, Matteo Salvini (Foto LaPresse)

La persecuzione dei magistrati anti-Salvini

Adriano Sofri

L'ipocrisia di un ministro che fugge dai suoi processi e prepara dossier contro i giudici che applicano la legge 

Ci sono mattine in cui non si può fare a meno di rimpiangere la mancanza di certe voci. Naturalmente, quella di Massimo Bordin, che è stato peggio che perdere la biblioteca d’Alessandria, la quale non aveva la sua tosse e la sua ironia. Quando perfino l’idea di nominare i membri del Csm per sorteggio finisce per sembrare ragionevole. Poi manca la voce, le voci, di chi dal fondo di una cella scorre le notizie per verificare fra i nomi dei magistrati tirati in ballo quelli di chi l’ha mandato in galera, così, per prenderla con filosofia, e per vantarsene col vicino di cella: “Guarda, questo è il mio”. Lo dico nello stato d’animo di chi, nella mortificazione che la magistratura associata si autoinfligge, rivolge tanto più forte l’augurio ai magistrati che fanno meglio che possono il loro mestiere terribile. Quando il titolare ufficiale del Viminale e ufficioso del governo, quello in fuga dai processi suoi, in nome del precetto orrendissimo di bastonare il cane che affoga, esorta alla persecuzione dei magistrati che non gli piacciono, perché applicano la legge, e lo fanno secondo coscienza. L’Italia non ne uscirà viva, questa volta. E si sarà trattato di suicidio assistito.

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