L'arrivo della Sea Watch al porto di Catania (foto LaPresse)

Cosa ci ha messo al sicuro (finora) dal terrorismo

Adriano Sofri

L'insicurezza percepita su cui specula Salvini e il nuovo leitmotiv "sono razzista e me ne vanto"

Dunque il duro al governo, spaventato di presentarsi davvero davanti a un tribunale, ha fatto trapelare da “fonti del Viminale” che sulla Diciotti potevano esserci dei terroristi. Salvati e guardati a vista dai militari italiani, per l’ultima volta autorizzati a fare il loro dovere (sono ormeggiati, da allora, inutili, i due pattugliatori, Diciotti e Dattilo); inebetiti dal Ferragosto e dallo sgomento, ed eccoli promossi a sospetti terroristi.

 

Quello che succede a stranieri poveri in viaggio verso l’Italia o sul suolo italiano è ormai un tale novero di nefandezze, annegamenti, omissioni di soccorso, battute di caccia, derisioni, aggressioni fisiche, suicidi, da lasciare interdetti. Ci si è chiesti che cosa abbia esonerato l’Italia fin qui, e per anni, dagli attentati organizzati o ispirati dallo Stato islamico e da altre bande islamiste. Ci si chieda anche che cosa ha scongiurato finora che un gesto di esasperazione o di vendetta privata venisse da famigliari o amici o connazionali di gente che è stata umiliata e offesa da italiani. Non un fratello, un marito, un padre, di donne e bambini annegati nel Mare nostro, non un compagno di lavoratori o lavoratrici sfruttati e truffati, bastonati o assassinati, che abbia tentato di farsi giustizia. Commettono reati, alcuni degli stranieri poveri che arrivano da noi: è inevitabile che avvenga, e facciamo poco per sottrarli a quel vicolo cieco. Ma non c’è finora segno consistente di una rivalsa privata o collettiva verso i lutti e le ferite che tanti stranieri poveri hanno ragione di addebitarci. Non hanno nemmeno preso in prestito la maschera del jihad per ribellarsi.

 

Eppure Salvini – è lui che va citato, gli altri hanno mostrato una tempra di lustrascarpe dilettanti – dice che “vengono a portarci la guerra in casa”. Ormai non ce la sentiamo più di ripetere la bugia vanesia che, parecchi decenni dopo l’Etiopia e alla vigilia della nuova stagione di immigrazioni, portavamo al bavero come una medaglia: Gli italiani non sono razzisti. E’ bastato che arrivassero. Loro però l’hanno saputo molto prima, anche quando, intervistati, assicuravano: “No, gli italiani non sono razzisti”. Ora gli italiani, molti, di colpo, sono perfino contenti di esserlo, e se ne vantano. Il mio fornaio mi ha detto ieri: “Non si era mai sentita tanto la parola ‘napalm’, anche le signore anziane che vengono col cagnolino a comprare il pane”. E’ l’insicurezza percepita. Figuriamoci per un momento che percezione hanno avuto della loro sicurezza gli stranieri poveri che passano tra noi.

 

Se non è successo, non sono avvenute finora in Italia incursioni islamiste né private, il merito intero è delle nostre polizie, si dirà. Davvero? Davvero credete che esistano polizie e scorte capaci di fermare un singolo uomo che abbia avuto la propria donna incinta e stuprata e affogata e voglia raggiungerla portandosi dietro qualcuno di quelli che ridono e scrivono UNA DI MENO? Io ringrazio il cielo che non succeda, ma non sono così ipocrita da dire che, se succedesse, mi meraviglierei.

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