Alfonso Bonafede (Foto LaPresse)

Domande senza fronzoli al Ministro (avvocato) Alfonso Bonafede sulla prescrizione

Rocco Todero

Il Ministro della giustizia ha proposto una modifica della disciplina della prescrizione senza porsi alcune domande fondamentali.

Egregio sig. Ministro,
all’articolo 111 della Costituzione c'è scritto a chiare lettere che la legge ordinaria deve assicurare la ragionevole durata d’ogni processo.

Come può la Sua proposta, che prevede la sospensione della prescrizione successivamente al deposito della sentenza di primo grado, conciliarsi con la predetta disposizione costituzionale?

Quali argomentazioni ritiene di potere addurre a favore dell’emendamento che intende introdurre, al fine di convincere la Corte costituzionale che un processo penale possa svolgersi senza alcun termine di prescrizione?

Ipotizzando, sig. Ministro, per un solo momento, che l’articolo 111 della Costituzione non rappresenti un ostacolo alla validità della Sua iniziativa, ritiene ragionevole consentire allo Stato di mantenere sotto processo un individuo senza alcun termine di prescrizione? Ritiene che possa apparire credibile, agli occhi d’imprese e investitori nazionali ed internazionali, uno Stato che decide deliberatamente d’innalzare l’incertezza ad unica regola definitiva dell’accertamento delle responsabilità penali?

Conoscerà sicuramente, sig. Ministro, le argomentazioni che da decenni dottrina e giurisprudenza propongono con riguardo al ragionevole bilanciamento che deve guidare la composizione dei conflitti fra opposti interessi in una società liberal-democratica.

Non Le sembra che la proposta d’abolire del tutto la prescrizione si riduca ad un’ingiustificabile compromissione d’equilibrio, ad esclusivo vantaggio dell’esigenza di processare gli imputati, tale da sacrificare, azzerandole, le esigenze di chi si trova sotto processo per dare seguito ad ipotesi accusatorie che rappresentano solo una parte dell’intera dialettica processuale?

Non so se sia opportuno rammentarLe anche il contenuto dell’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che impone agli Stati aderenti di rispettare il canone della ragionevole durata del processo. Le tendenze sovraniste della cultura politica di cui Lei è espressione forse rendono superflua la mia obiezione, anche se rimane l’incontrovertibile ambiguità che da Ministro e da avvocato dovrebbe essere in grado di sciogliere pubblicamente: come si concilia la Sua idea sulla prescrizione con la palese violazione d’una norma internazionale che le Istituzioni italiane si sono impegnate da decenni ad osservare?

Lei, sig. Ministro, conoscerà di certo la norma della Costituzione Repubblicana che prevede come la sanzione penale debba tendere alla rieducazione. Saprà anche che moltissimi reati scontano già adesso una prescrizione più che decennale e che per quelli più gravi non vi è prescrizione alcuna.

Le pare conforme a Costituzione somministrare la pena a distanza anche di 20 o 30 anni dalla commissione del fatto addebitato all’imputato, indipendentemente dalla gravità della condotta commessa?

Non Le sembra che l’abolizione della prescrizione rappresenterà, con probabilità vicino alla certezza, la trasformazione del processo in quella pena che lo Stato non riesce a comminare entro termini ragionevoli?

Perché, sig. Ministro, non afferma a chiare lettere che le garanzie liberali previste nella Costituzione italiana e nella Convenzione Europea dei diritti dell’uomo Le sembrano inidonee a saziare il populismo ossessionato che contribuisce ad alimentare e propone, coerentemente, la revisione della prima e l’abbandono della seconda?

O pensa, da avvocato, di potere superare un’antinomia normativa (Lei dovrebbe sapere cos’è un’antinomia normativa) con la sola forza del consenso elettorale? E’ solo l’impressione di chi l’ascolta o Lei vuole tornare ad un ordinamento senza Costituzione, all’interno del quale la legge ordinaria, espressione della maggioranza politica contingente, rappresenti la fonte normativa per eccellenza? Vuole tornare allo Statuto, sig. Ministro?

E infine, sig. Ministro, Le sembra accettabile costringere un individuo a dare conto e ragione per tutta la vita, allo Stato, alla famiglia, agli amici, a sé stesso, di un singolo episodio che non può contenere il senso dell’intera esistenza umana e ciò indipendentemente dalla gravità del fatto addebitato?