La redenzione di Mark Wahlberg

Philadelphia. Una delle ultime volte in cui Mark Wahlberg è salito su un palco del genere ha messo sotto pressione i censori di MTV, quelli che sfruttano i cinque secondi della differita salvaparolacce per mettere un “bip” sulle espressioni sconvenienti.

Philadelphia. Una delle ultime volte in cui Mark Wahlberg è salito su un palco del genere ha messo sotto pressione i censori di MTV, quelli che sfruttano i cinque secondi della differita salvaparolacce per mettere un “bip” sulle espressioni sconvenienti. L’attore 42enne aveva ricevuto il Generation Award, una specie di riconoscimento per attori di mezza età che fra il serio e il faceto aveva rinominato come il premio “sei fottutamente troppo vecchio per essere invitato di nuovo”. Significa “you’re fucking done”, ha detto mentre brandiva il cestino di popcorn d’oro, condendo il resto del discorso con ampio uso dell’impronunciabile parola con la effe. Wahlberg era immediatamente passato alla cronaca come il ragazzaccio volgare e frustrato che deve ricorrere al turpiloquio per acchiappare ancora qualche clic.

 

[**Video_box_2**]Già aveva dato un anno prima con il leggendario “ma come cazzo di permetti?” rivolto a Tom Cruise, che aveva paragonato la pressione e la fatica del suo lavoro a quella dei militari, cosa inaccettabile per lui che il valore dei soldati lo aveva magnificato in “Lone Survivor”. Seguiva un’articolata serie di insulti a uno degli intoccabili principi di Hollywood. Insomma, non è un bad boy del genere il primo che viene in mente nel casting per introdurre gli ospiti sotto gli occhi del Papa alla veglia per la giornata mondiale delle famiglie. E invece sul palco Wahlberg ha fatto una gran figura, non soltanto perché ha detto “devo tutto alla mia fede cattolica”, e chi ha scorso rapidamente la sua biografia sa cosa significa. E’ stato grande perché ha strappato l’evento dallo squallore comunicativo in cui spesso queste serate ecclesiastico-mondane tendono a precipitare, con derive sanremoidi, schitarrate, battute da oratorio, ospiti tolti dalla naftalina e altre brutture. 

 

La serata di Philadelphia non era la notte degli Oscar, si capisce, e il cuore della faccenda erano le testimonianze potenti della vita famigliare, davanti il quale il Papa ha preso diligentemente appunti, ma Wahlberg ci ha messo il ritmo, la presenza e la forza comunicativa fatta tanto di gravitas quanto di leggerezza, tutta merce molto bergogliana. E’ riuscito pure a buttare lì un “Go Eagles!”, l’augurio ai beniamini locali con cui si deve sempre finire un discorso alla città dell’amore fraterno. Walhberg è un bostoniano cresciuto in una famiglia cattolica ma che già a quindici anni aveva sviluppato una dipendenza dalla cocaina. E’ finito in carcere per tentato omicidio che non era ancora maggiorenne, ha menato le mani e insultato poliziotti, si è meritato una reputazione di testa calda e ragazzo irrecuperabile, una fama che in famiglia non era il primo ad aver ottenuto.

 

E’ rimasto invischiato in storie di gang di quelle dalle quali è difficile uscire. Ci è riuscito grazie al rapporto con il suo parroco, attraverso cui ha recuperato la fede e si è ricostruito una vita, con una degna carriera hollywoodiana – con cadute di cui scherza, anche di fronte al Papa – e una famiglia con moglie e quattro figli. Faccenda di perdizione e redenzione, di ghiande per porci e di vitelli grassi. In una fresca serata di settembre, Walhberg è finito su un palco di Philadelphia a fare il master of ceremonies del Papa dei diseredati, intrattenendo senza distrarre. Una piccola rivincita sui bacchettoni che lo avevano bollato come quello che dice troppi “fuck”.

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