Richemont che vende Yoox a Farfetch segna il ritorno del negozio fisico sul digitale

Fabiana Giacomotti

Una svendita che chiude un investimento sbagliato. La cessione delle quote di maggioranza era un processo atteso e iniziato da circa un anno. Per l’e-commerce il panorama sta mutando dal roseo sfacciato dell’epoca pandemica

Che Richemont sarebbe via via uscito da Ynap-Yoox Net-à-Porter era un processo non solo atteso, ma anche iniziato da circa un anno. Che l’avrebbe fatto perdendoci qualche miliardo di dollari, come ha dimostrato poche ore fa cedendo il 47,5 per cento delle quote al concorrente nell’e-commerce Farfetch e un altro 3,2 per cento a Symphony Global, il veicolo del magnate immobiliare degli Emirati Mohamed Alabbar, dimostra quanto al tycoon del lusso Johann Rupert scottassero in mano quelle azioni. Ne aveva acquisito il controllo da Federico Marchetti nel 2018 con un’operazione che fece del simpatico imprenditore ravennate, ora attivissimo con un progetto di blockchain sulla sostenibilità sviluppato con il principe di Galles, Charles Windsor, uno degli uomini più abbienti del sistema moda. Erano gli anni della clamorosa espansione dell’e-commerce e Ynap venne valutato 5 miliardi di dollari; oggi il gruppo svizzero Cartier Richemont riceverà in cambio della cessione della maggioranza azioni Farfetch per un valore di soli 440 milioni, che ha accettato di detenere come investimento, oltre ad altri 250 milioni di dollari in azioni lungo un arco di cinque anni. Insomma, una svendita che chiude un investimento sbagliato (non ci si improvvisa venditori di moda quando si è manifatturieri di gioielli e orologi, anche se si ingaggiano i manager migliori. Il dna conta anche nel lusso).

   

La transazione valuta YNAP circa 1 miliardo di euro, un quinto rispetto all'investimento di Richemont e al suo valore di soli quattro anni fa, nonché al di sotto delle stime di recenti: questo porterà il gruppo svizzero a svalutare l’asset a 2,7 miliardi di euro, oltre a lasciare YNAP senza un azionista di controllo e ad aprire la strada a Farfetch per l’acquisto della totalità delle quote del colosso dell’e-commerce di lusso, che comunque continuerà a lavorare con il nuovo padrone sulle attività digitali (si suppone soprattutto nella comunicazione; si ricordano infatti i tentativi di YNAP di vendere orologi Vacheron Contantin da decine di migliaia di dollari a distanza, con servizio di consulenza e consegna a casa, che erano pure operazioni di marketing).

 

Molto felice il ceo di Farfetch José Neves, che in un comunicato parla dell’utilità strategica di questa concentrazione di mercato: a contrastarne l’imparo assoluto resta infatti solo il sofisticatissimo Mytheresa.com, base in Germania, che ora dovrà necessariamente puntare all’esclusività di gamma e alle collaborazioni speciali per contrastarli. Neves ha comunque ragione a voler puntare sull’egemonia, perché per l’e-commerce il panorama sta mutando dal roseo sfacciato dell’epoca pandemica, quando sembrava che tutti avremmo acquistato qualunque bene da casa, al progressivo ritorno al negozio fisico e alla cosiddetta “esperienza di acquisto” di oggi, eccezion fatta per la Cina dove, al momento, chiunque ha ancora il terrore ad uscire di casa, nell'eventualità di una retata a scopi di contenimento del virus. L’accelerazione di questa estate per il turismo, i viaggi, le attività fuori casa, non poteva infatti che avere impatto anche sulle abitudini di spesa. Sebbene in recessione e con un’inflazione che in Europa veleggia fra il 7,9 dell’Italia e il 10 per cento dell’Inghilterra, chi compra lusso, e sono ancora tantissimi, vuole che il momento sia memorabile. E, per quanto soddisfacente e nei casi degli alto-spendenti accompagnato da consulenze di personal shopping, l’e-commerce non riesce a colmare il divario fra “fisico” e “digitale”. Lo dimostra non solo la nuova attenzione dei brand per i propri negozi monomarca, attorno ai quali si moltiplicano eventi e iniziative speciali, ma addirittura il ritorno del wholesale (per i department store che, nel frattempo, non sono falliti, come è accaduto a Barneys) su basi migliori. Pare che i clienti abbiano nuovamente bisogno di una bussola per i propri acquisti, a partire dalla ricerca di nuovi designer, e che no, non riescano a farlo da soli come credevano.

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