La storia, che vogliamo sapere, dietro al volto di Armine Harutyunyan

Profili come quello della modella armena richiamano altre epoche, altre storie, molte profondità che ci dispiace davvero non conoscere. Tre informazioni basiche per non cadere nei tranelli banali di bodyshaming e pol. corr.

Fabiana Giacomotti

Prima di inoltrarci nell’unica questione interessante che riguardi la modella Armine Harutyunyan e di cui nessuno si è ancora interessato, e cioè chi sia, dove sia nata e quale sia stata la sua vita fino a oggi, che cosa intenda fare in futuro, se abbia formulato una riflessione sulla mutevolezza storica del concetto di bellezza e se non le faccia un po’ schifo la campagna di body shaming che le è stata scatenata contro dopo che è stata scelta come modella di Gucci (ancora una volta, davvero non vi eravate accorti di lei fino a oggi? Davvero vi interessa parlare solo del suo naso e non della sua persona? Che pena, ragazzi) vorremmo darvi tre informazioni di base, giusto per tracciare il perimetro.

   

La prima: il “caso Armine”, che ha 23 anni ed è armena e non c’è modo di sapere altro da lei per il momento, riguarda solo l’Italia, dove evidentemente trent’anni di estetica televisivo-berlusconiana hanno avuto più ricadute di quanto credessimo possibile e le protesi mammarie modello “tazzone del caffellatte” (sì, vogliamo essere volgari anche noi) godono ancora di un viatico importante, insieme con le labbra ipertrofiche, i volti stirati, i culi gonfiati a vent’anni e altri patetici orrori di cui ci ha dato conto per anni Dagospia e che ancora popolano la nostra televisione, termometro mediatico del consenso popolare quant’altri mai e a dispetto degli ascolti in picchiata. Contro Armine modella di Gucci ci siamo scagliati solo noi italiani, mandatelo a mente.

   

La seconda info di base, che già avrete intuito dalle righe precedenti: Armine e tutto il “popolo di Gucci” è lo stesso popolo da quasi sei anni, cioè da quando Alessandro Michele ha sostituito Frida Giannini alla guida della creatività di Gucci. È una petite bande, un po’ Proust un po’ Jesus Christ Superstar, che a ogni stagione si arricchisce di qualche volto che Michele ritiene interessante per il modello socio-estetico che si prefigge, supponiamo da quando girava per Roma con le sportine di plastica piene di abiti di seconda mano comprati a Porta Portese da studiare in ogni dettaglio e crearvi attorno quelle sue storie fantastiche. La prima volta che la petite bande scese in passerella era il gennaio del 2015, ancora fra le pareti tutte laccate dell’era Tom Ford e che Giannini non aveva sostituito, e fece un’impressione immensa a tutti noi che osserviamo le petite bande dell’uno e dell’altro da molti anni. Era la prima volta, da almeno un ventennio, diciamo dai primi Galliano e McQueen, che qualcuno lanciava un messaggio di valore storico in un settore dove le sfaccendate ti chiedono ancora “quale colore andrà di moda questo inverno” sperando che sia il nero perché credono che “sfini”. Armine is here to stay da un pezzo.

  

Da questo discende la info basica numero 3, appunto perché vi siete accorti di questa sottilissima ragazza dai tratti alto-medievali solo ora. Ve lo diciamo noi: perché il body shaming è una pratica di cui avete sentito parlare da ieri anche se lo praticate dagli anni dell’asilo, e perché qualche buontempone ha scritto su un social non meglio identificato che Gucci avrebbe inserito Armine in una fantomatica lista delle “cento donne più belle e sexy del mondo”. Orbene, da quanto abbiamo scritto fino a questo punto avrete capito che nulla è più lontano non solo da Gucci, ma da tutta la moda del mondo, di una lista di proscrizione. Le liste, e ve lo diciamo noi che ne abbiamo stilate per anni, perfino dei “più e meno invitati dell’anno” (ed era lettissima, ovviamente) sono una cosa tramontata con gli Anni Novanta e con la famosa estetica pneumatica a cui accennavamo nelle prime righe.

 

La domanda da porci è ancora una volta perché siamo rimasti ancorati lì, al tu sì tu no e tutti immersi nel silicone e nella formaldeide come gli animali di Damien Hirst che infatti si sono corrotti mentre lui è passato di moda. L’estetica è legata alla storia e alla sua evoluzione; pur nell’ambito dei canoni dell’armonia fissati nei “gradi” platonici, la bellezza muta di continuo, e per esempio le fronti rasate e il ventre prominente delle bellezze del Pisanello, espressione di fertilità che all’epoca era attributo essenziale della bellezza muliebre, oggi ci fanno orrore. In compenso, dovessimo giudicare dal numero di immagini di madonne bizantine affisse sulla bacheca di Pinterest e accompagnate da commenti estatici anche da noi italiani, Armine con le sue membra allungate ed eleganti e la sua faccia da Vergine Odigitria, genere icona di Andria a cui assomiglia oggettivamente moltissimo, dovrebbe piacerci molto. Volti come il suo richiamano altre epoche, altre storie, molte profondità che ci dispiace davvero non conoscere. Ma ci dispiace ancora di più che non vogliate conoscere nemmeno voi.

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