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Il tempio della tolleranza non tollera i maschi bianchi conservatori

Damore denuncia le pratiche discriminatorie di Google, ma il problema che solleva è più vasto

James Damore, l’ingegnere di Google licenziato per avere osato insinuare, in un memo ufficiale, che forse esiste una differenza sessuale in natura si è associato ad altri maschi che sono stati puniti dall’azienda per aver pensato liberamente, ed è passato all’azione legale. Nella class action presentata qualche giorno fa a Santa Clara, in California, Damore e gli altri spiegano che “gli impiegati che esprimono opinioni che si discostano dalla visione della maggioranza a Google su temi politici sollevati sul luogo di lavoro e rilevanti per le politiche d’impiego e il business di Google, come le assunzioni in base alla diversity, il bias sensitivity o la giustizia sociale sono additati, maltrattati, sistematicamente puniti e licenziati da Google, con una chiara violazione dei loro diritti”.

 

Insomma, il tempio della tolleranza non riesce proprio a tollerare i maschi bianchi conservatori. Questo lo si era evinto facilmente dal fatto che, quando Damore è finito nel mirino per il suo memo scorretto, Google non ha risposto ai punti sollevati, non ha cercato un dialogo, non è entrata nel merito, ma lo ha semplicemente licenziato, prima e decisiva prova che il problema denunciato dall’ingegnere è reale. Chi dissente dalla visione del mondo prevalente non è isolato o messo in minoranza, viene estromesso.

 

Ora Damore e i suoi associati hanno però presentato un documento di 181 pagine che costituisce un compendio irrinunciabile della cultura discriminatoria che regna nell’azienda. Ma non si tratta della sua visione intorno alla cultura della compagnia che lo ha allontanato, si tratta della loro visione, quella dei googlers che in un’infinità di messaggi scambiati attraverso i circuiti di comunicazione interna esplicitamente ammettono ciò di cui Damore li accusa.

 

Lui ha fatto molti screenshot, li ha messi in ordine da buon ingegnere e li ha accuratamente allegati alla querela. Da questo documento incredibilmente istruttivo si scopre che i dipendenti, per creare una cultura googley, parlano apertamente di impedire ai colleghi conservatori di diramare comunicazioni interne, propongono di boicottare le assunzioni di maschi bianchi ed esaltano i virtuosi che prendono a pugni i nazisti, dove la definizione di nazista assomiglia moltissimo a quella di conservatore. Qualcuno lancia l’idea di una “moratoria sulle assunzioni di uomini bianchi eterosessuali abili che non sono sopravvissuti ad abusi sessuali” e promuovono seminari su come “guarire dalla cultura tossica bianca”.

 

Il vertice della demenza verniciata di ciance postmoderne si raggiunge quando Damore fa riferimento, sempre allegando i messaggi originali, a un “impiegato che si identifica sessualmente come ‘un drago senza ali con le squame gialle’ che ha presentato l’idea per un dibattito aziendale intitolato ‘vivere come un essere plurale’”. Alla fine delle 181 pagine balza agli occhi l’idea che forse la discriminazione dei conservatori è il minore dei problemi di Google e dell’insostenibile cultura che promuove.

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