Memento mori

Massimo Morello

Un nuovo locale di Bangkok consacrato alla consapevolezza della morte. Dove discutere di religione e società, trascorrere qualche minuto chiuso in una bara, bere un buon espresso al vetro, gustare un “morire ora”, frappè a base di cioccolato o un “doloroso” ai frutti di bosco colanti succo rosso sulla panna.

«Se sai che domani è il tuo ultimo giorno, che fai oggi? Questa è la questione» dice Veeranut Rojanaprapa. Laureato in filosofia, ricercatore sociale, ideatore e direttore del Kid Mai (Think New) Death Awareness Café, ossia del “Caffe del nuovo modo di pensare (Kid Mai) la consapevolezza della morte”.  Il corridoio nero che dalla strada porta al caffè, è illuminato solo da schermi su cui appaiono domande del genere: “C’è qualcuno che ti aspetta?”, “Qual è lo scopo della tua vita?”.  «Usiamo l’oscurità per riportare la gente a se stessa» commenta Veeranut.


Ma alla fine del tunnel si sbuca in uno spazio ombreggiato da piante e tendoni bianchi. Il locale aperto da poco in una delle zone più alla moda tra i giovani di Bangkok, come vuole la moda, è un locale tematico (tra i più noti: quello dedicato agli unicorni). In questo caso ispirato alla morte: dalle decorazioni, come uno scheletro sul divano, alla lista dei drink, chiamati “morte” o “doloroso” (in realtà un misto di frappè e gelato molto colorati). Ma soprattutto caratterizzato dalla presenza di una bara al dentro del locale in cui ci si può distendere e far rinchiudere per qualche minuto. Evidentemente documentando il tutto con un selfie.


Il professore non è il primo a mettere in scena un’esperienza del genere. In molti monasteri thai è un rito che si compie per purificare il karma. Più spesso, in un mondo così influenzato dal saiyasat, il sovrannaturale, per liberare l’individuo da uno spirito malefico. Ma anche il Thailandia la spiritualità sta subendo una metamorfosi.  “Le forme contemporanee della religiosità thai ora sono più visibili dove la religione popolare è presentata come un prodotto, confezionata, mercificata e consumata”, scrive l’antropologa Pattana Kitiarsa in Medium Monks and Amulets. È ciò che accade al Kid Mai Death Awareness Café. «La società thai è molto “simbolica” e la “coffee way”, il ritrovarsi in un locale di tendenza è uno dei simboli della nuova generazione. Vogliono essere personaggi delle mode» dice Veeranut. «Ma a me non interessa apparire alla moda, m’interessa sfruttare la moda. Voglio attirare l’attenzione, lanciare un messaggio. Voglio cercare nuovi strumenti per comprendere la modernità, per capire o far capire che cosa significhi essere buddhisti nella postmodernità. E questo è un modo di rappresentare gli insegnamenti buddisti: infrangere il tabù della morte. La consapevolezza della morte, il senso dell’impermanenza, estingue la rabbia, l’avarizia».  
Kid Mai, insomma, proprio come dice il nome, vuole proporre un “nuovo pensiero”. «È necessario un cambio: da stile di vita a stile di pensiero» spiega Veeranut. «Molti Thai pensano che questo sia un caffè. Ma a me non interessa che il caffè sia buono (al contrario, tuttavia, servono uno dei migliori espresso di Bangkok, ndr) e il nostro personale non sono camerieri ma ricercatori. Questo è uno spazio per discutere di problemi sociali, culturali».
Mentre i monasteri tradizionali sono sempre più al centro di scandali, polemiche, contaminazioni politiche, Veeranut si richiama a quel buddhismo sociale che predica un modo di vivere più semplice, distaccato dal consumismo, basato sull’idea che i principi buddisti siano la chiave per risolvere i cronici problemi thailandesi di diseguaglianza, violenza, corruzione. E lo fa nello spirito del “sanuk”, uno dei pilastri della cosiddetta thailandesità: il divertimento.


Tutto ciò può apparire l’ennesima bizzarria “Thai Style”. Forse lo è. Ma forse non apparirebbe tale a Thomas Merton, filosofo, mistico, antesignano del dialogo inter-religioso, cultore di filosofie orientali. “Se si vuole superare la paura della morte e porre fine all’attaccamento sensuale al corpo lo si deve considerare come un cadavere scrisse Merton, monaco trappista, di quell’ordine che ha per motto l’ammonizione “Memento mori".