Introduzione a Elias Canetti

Davide D'Alessandro

Leonard Mazzone, Orthotes, 210 pp., 19 euro

Leonard Mazzone ha conseguito, qualche anno fa, un dottorato di ricerca in Filosofia all’Università di Firenze con una tesi sulla vita e le opere di Elias Canetti. Dalla tesi, dal lavoro operato sui testi del Nobel per la Letteratura 1981, e su una documentata bibliografia, ha saputo trarre buona linfa per la pubblicazione di due libri. Il primo, di alcuni mesi fa, per i tipi della Rosemberg e Sellier, dal titolo Il principio possibilità. Masse, potere e metamorfosi nell’opera di Elias Canetti; il secondo, appena uscito, un’introduzione a Canetti, un riattraversare i pensieri, le parole e le opere di un autore che, faticosamente, almeno nel nostro paese, riesce a far parlare di sé e, soprattutto, a farsi leggere.

 
In tanti dicono di comprare i libri di Canetti, in pochi li leggono, in pochissimi li comprendono. È la triste realtà, il destino amaro dei fuoriclasse della scrittura, dei prodotti non mediatici, di chi ha speso la vita per lasciare un’opera e tante vite per combattere la morte, senza ovviamente riuscirci. Ecco perché lo studio di Mazzone ha una sua utilità.

 
Non è semplice accostare Canetti, non è neppure da consigliare un vibrante corpo a corpo con la sua opera, poiché se ne potrebbe uscire persino danneggiati. E’ invece sperabile che lo si assapori con lieve distacco, aprendolo e chiudendolo, avvicinandosi e allontanandosi, assaporando un aforisma e seguirne l’effetto che fa. Poi, dopo una lenta assunzione, se convinti ed estasiati, tuffarsi pure a corpo morto (Canetti direbbe a corpo vivo, vivissimo) su una miniera inesauribile e profonda di concetti e di scoperte, di ancestrali paure e sofisticatissimi incanti. Mazzone ha dimostrato di volerlo leggere con serietà, come altri hanno già fatto, per cercare di carpirne l’intimo messaggio, per comprenderne altezze e contraddizioni, per restituirne il valore di una prova.

 
Canetti non è soltanto, come ritenuto da qualche superficiale, l’autore di un libro, Massa e potere, o di un romanzo, Auto da fé. Canetti è un’opera, è uno squarcio di sole fra terra e cielo. Un cielo scuro, nero, pauroso, ma pieno di possibilità se lo sai guardare, se non ti spaventi di guardarlo. Canetti è una potente riflessione sull’uomo e sulla sua stupidità. Canetti, al pari di Hobbes, sa che cos’è la paura e il conflitto (come colto da Antonio De Simone in L’arte del conflitto. Politica e potere da Machiavelli a Canetti. Una storia filosofica, 2014, edito da Mimesis). Canetti è uno sguardo sempre acceso sul manicomio e sui folli. Canetti è un critico severo della vanità (malattia dalla quale nessuno è esente, neppure lui), del narcisismo, dell’io sconfinato, e tanto avrebbe da dirci sul nostro mondo dei selfie e degli eterni specchi, che spesso rimandano il nulla. Canetti è un sismografo insuperabile delle vite a scadenza. Canetti è un fustigatore di Dio, ma legge Pascal e si consegna alla Bibbia.

 
Se Canetti non fosse esistito, avremmo dovuto inventarlo. Per far spiegare a lui perché servono anche i giovani che, in mezzo a tanti studiosi distratti, si occupano con passione di un certo signore con baffi e occhiali, che aveva decine di matite sulla scrivania e con quelle matite, un giorno, decise di lottare con ardore contro la morte, di diventare il più incallito e incarognito dei combattenti, e di afferrare il secolo alla gola. Di fatto è riuscito ad afferrare soltanto noi, che ancora lo ringraziamo, con deferenza, di una presa così stretta, così intensa, così vera.

      
INTRODUZIONE A ELIAS CANETTI. LA SCRITTURA COME PROFESSIONE
Leonard Mazzone
Orthotes, 210 pp., 19 euro

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