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Lettere

Il colmo di Conte che vota contro Salvini per i suoi rapporti con Putin

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Mi chiedo, onestamente: che senso ha proporre in Parlamento delle mozioni di sfiducia il cui unico esito è rafforzare i ministri che si vuole sfiduciare?

Lucia Arroni

Vero. Ma in questo caso qualcosa le mozioni hanno prodotto. Due sorrisi, per cominciare. Fa sorridere per esempio vedere la Lega pronta a stracciare i suoi accordi con il partito di Putin solo perché costretta da Meloni, alla vigilia della mozione di sfiducia contro Salvini. Bene, bravi, bis. Ma una scena ancora più comica che si è materializzata in queste ore in Parlamento è vedere il M5s votare a favore di una mozione di sfiducia contro Salvini per via dei rapporti ambigui della Lega con il mondo putiniano. Come si dice in russo il bue che dà del cornuto all’asino? Spasiba, Giuseppi.


 

Al direttore - E’ l’ultima lettera scritta da uno dei capi della Resistenza, inedita, e colpisce subito per l’argomento: l’antisemitismo. La lettera è saltata fuori dagli archivi di famiglia, riordinando le carte di Achille Battaglia, mio nonno materno, avvocato difensore dei fratelli Rosselli e di Ferruccio Parri, già capo militare del Cln dell’Alto Lazio e capo di Giustizia e Libertà a Roma. Battaglia la scrisse il 17 febbraio 1960, tre giorni prima di morire, colpito da un terzo infarto in pochi anni. Il destinatario è Riccardo Lombardi, deputato socialista, azionista, già membro di Giustizia e Libertà, che insieme allo stesso Battaglia, Parri, Arrigo Boldrini, Umberto Terracini, Ugo La Malfa e Sandro Pertini, aveva da poco costituito il Consiglio nazionale federativo della Resistenza. Per i leader dell’antifascismo era imprescindibile il rigetto dell’antisemitismo, asse portante della politica di Mussolini; però, allo stesso tempo, lo vedevano ancora presente nell’ignoranza e negli egoismi dell’Italia peggiore, il buio della notte che avanza sempre, il buio in cui si grida nelle piazze contro gli ebrei genocidi, si assaltano i consolati di Israele, il buio in cui “le femministe antifasciste” urlano con arroganza e con le mani a conchetta contro le femministe colpevoli di non essere abbastanza antisioniste, il buio in cui tutti i gatti sono bigi e non si distingue più: la protervia dalla tolleranza, il sapere dall’ignoranza, un tunnel da un ospedale, gli antifascisti dai fascisti. “17 febbraio 1960. Caro Lombardi, sono dolente che le mie condizioni di salute non mi permettano questa sera di partecipare alla riunione organizzata dal circolo Calamandrei sul tema ‘Perché odiamo gli ebrei’. Avrei detto volentieri che a mio avviso l’impostazione da voi data al dibattito sull’antisemitismo è tra tutte la più utile, appunto perché occorre invitare a comprendere prima ancora che invitare a combattere. E avrei anche sottolineato volentieri che tra i fanatici dell’antisemitismo dei tempi nostri – così radicalmente diverso da quello di volta in volta manifestatosi nel corso dei secoli – non figurano né operai né soprattutto contadini, come ai tempi in cui la ignoranza e la superstizione fustigata da Voltaire addebitavano ai figli d’Israele orge oscene e sacrileghe sarabande. L’antisemitismo dei tempi nostri è una delle forme più odiose in cui si manifestino i particolarismi dei ceti più chiusi della nostra società: esso, infatti, è anche nazionalismo, asocialità, totalitarismo, privilegio, protezionismo. L’antisemitismo economico del XX secolo, come lo ha chiamato Lazare  (ndr Bernard Lazare, primo difensore di Alfred Dreyfus, autore di “L’Antisémitisme, son histoire et ses causes”), è la manifestazione più violenta, più aspra, più rude della difesa di interessi immediati e egoistici. Contiene dunque in sé ciò che consideriamo più lontano dalla nostra civiltà, e che siamo perciò impegnati a combattere con la maggiore decisione. Con rammarico di non poter essere presente credimi tuo, Achille Battaglia”.

Antonello Capurso

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