lettere

Le parole che Schlein dovrebbe pronunciare oggi a Piazza del Popolo

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - L’incredibile discussione sui reporter freelance a Gaza immortalati mentre fotografano la strage con Hamas e che poi si abbracciano con i terroristi, mi pone un grosso dubbio. Ma se Totò Riina mi avesse telefonato per dirmi: “David, domani facciamo una cosa a Capaci con Falcone…”, che cosa avrei fatto? Intanto sarebbe già gravissimo avere rapporti con Riina… Poi avrei chiamato la polizia. Molto semplice. Il reporter in zona di guerra, dove ci sono dittature, sa che non c’è stampa libera. Ergo erano al servizio “fotografico” di Hamas. Grazie.
David Parenzo

  

Hamas Lives Matter.


  
Al direttore - La presidente di turno dell’Ecofin, la spagnola Nadia Calviño, come scrive il Foglio, sarà portata, anche perché aspira a ottenere sostegno per la presidenza della Bei alla quale è candidata, a mediare tra Germania e Francia sulla riforma del Patto di stabilità con la conseguenza di una possibile posizione unitaria delle due e l’isolamento altrettanto possibile dell’Italia. Posto che sia così, vi sono due osservazioni da fare. Chi compete con la spagnola, considerate le difficoltà della candidatura di Daniele Franco, è la commissaria Ue per la Concorrenza Margrethe Vestager il cui successo non è certamente auspicabile visti i guai causati all’Italia con il gravissimo errore di diritto sottolineato dalla doppia pronuncia conforme della Corte europea di giustizia commesso dalla Commissione nel caso Tercas, con tutte le ulteriori pesanti conseguenze. Un errore che ha una portata che va oltre i pur dannosi riflessi in Italia. In ogni caso, finora la Commissione nella concorrenza non ha di certo brillato. La seconda osservazione riguarda il governo italiano. A questo punto non basta dire “no” alla proposta tedesca, che effettivamente non è accettabile, ma occorre una proposta alternativa organica italiana che aggreghi consensi. Non è facile, ma non ci si può limitare al “no”. C’è bisogno di una dose di realismo, senza rinunciare, però, a punti fondamentali che allontanino il Patto dalla configurazione ora sospesa. Con i più cordiali saluti. 
Angelo De Mattia


  

Al direttore - Caro Cerasa, niente di nuovo sotto il sole. Ogni volta che la Terra Santa è teatro di un bagno di sangue, in taluni ambienti accademici e del “socialismo degli imbecilli” (copyright di August Bebel, 1893) scatta puntualmente l’ignobile equivalenza tra il genocidio nazista degli ebrei e la repressione israeliana dei palestinesi. Si tratta di una smaccata distorsione della verità storica, che non sempre viene contrastata con la necessaria decisione. Del resto, il pregiudizio antigiudaico affonda le sue radici in una millenaria tradizione. E’ così accaduto che indignati professionsti del pacifismo in qualche talk-show televisivo, e tetri vignettisti dalla matita facile su qualche giornale, abbiano potuto gettare impunemente l’allarme sul disegno antico dei banchieri dal naso adunco di controllare il mondo, attingendo al vecchio paradigma vittimistico dei falsificatori dei “Protocolli di Sion”. Ma se ciò può essere considerato come un avvilente caso di miseria politica e culturale domestica, assai più inquietante è un fenomeno che rischia di prosperare anche a ovest di Allah. Mi riferisco a quel negazionismo secondo cui gli ebrei, le “false vittime” di ieri di un genocidio “inesistente”, sono i veri persecutori di oggi. Per i suoi teorici lo stato d’Israele è un’impostura, l’abusivo destinatario di una solidarietà deviata. La sua nascita e la sua esistenza si avvalgono quindi di un’indebita patente di legittimità morale, sono soltanto il frutto della cattiva coscienza dell’occidente. In questo delirio della ragione la Shoah diventa un “mito”, il sionismo l’avatar del complotto giudaico, il governo di Tel Aviv la sua intelligenza e il suo avamposto militare. E’ sufficiente dare un’occhiata ai social e alle piazze di questi giorni per farsi un’idea del largo consenso di cui godono queste tesi aberranti. Il pericolo di un revival dell’antisemitismo in Europa resta dunque assai serio. Ma il continente che ha visto sterminare “i più europei e meno nazionalisti dei suoi cittadini” (Amos Oz) non può pensare di riconciliarsi con il proprio passato e di progettare il proprio futuro come comunità di destino abbassando la guardia contro gli “assassini della memoria” (Pierre Vidal-Naquet). 
Michele Magno

  

Meraviglioso ancora il presidente della Conferenza degli imam di Francia, Hassen Chalghoumi, intervistato ieri dall’Ansa, a due giorni dalla grande manifestazione contro l’antisemitismo che vi sarà a Parigi: “Oggi sono gli ebrei, domani saranno gli africani, dopodomani i musulmani. Questa causa riguarda tutti. Nel 2015 abbiamo detto ‘Je suis Charlie’. Nel 2020 abbiamo detto ‘Je suis Samuel Paty’. Domenica in piazza diremo ‘Je suis Juif’. Saremo al fianco dei nostri connazionali ebrei per mostrare la fraternità e l’unità tra noi e per lottare contro il razzismo”. Sarebbe bello se oggi Schlein leggesse queste frasi sul palco di Piazza del Popolo.
 

Di più su questi argomenti: