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Lettere

Sentenza Appendino,  la logica perversa della responsabilità oggettiva

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Leggo della condanna di Chiara Appendino. Leggo che le è stata confermata dalla Corte di assise di appello la condanna a un anno e 6 mesi di carcere per i fatti di piazza San Carlo.  Leggo che il processo si riferiva a quanto accadde la sera del 3 giugno 2017, quando tra la folla che seguiva su un maxischermo la finale di Champions League si scatenò il panico. Leggo e mi chiedo: il partito di cui fa parte Chiara Appendino, il M5s, capirà o no che in Italia vi è un sistema giudiziario ingovernabile, che scarica sui primi cittadini il peso di ogni responsabilità deresponsabilizzando tutti coloro che dovrebbero controllare quello che non funziona in una città?
Lucia Marini

Ha ragione Carlo Calenda. Ha ragione Giorgio Gori. Hanno ragione tutti coloro che, da posizioni distanti rispetto a quelle del M5s, ieri hanno fatto notare che la sentenza è sconcertante, così come è sconcertante che contemporaneamente siano stati assolti questore, viceprefetto e altri dirigenti e sia stata condannata solo l’ex sindaca. Il problema riguarda la politica ma riguarda più in generale il modo in cui in Italia viene utilizzata la logica perversa della “responsabilità oggettiva”. Una logica che, dal caso Chiara Appendino al caso Mauro Moretti (ricordate la tragedia di Viareggio),  porta a rintracciare la responsabilità di eventi tragici o di incidenti nei vertici di istituzioni e di organizzazioni sulla base della loro mera carica direttiva. Una logica che, per rispondere all’indignazione delle famiglie delle vittime di catastrofi, tende a rimuovere un fatto evidente: i reati sono personali, cioè soggettivi, e  quando la responsabilità di un reato passa dalla persona fisica alla persona sociale significa che un’indagine sceglie di occuparsi molto di fuffa e poco di sostanza. Solidarietà alla ex sindaca.



Al direttore - Su questo giornale il mio collega Enrico Costa ha già spiegato i motivi giuridici che rendono insostenibile la proposta di legge Varchi in materia di perseguibilità del reato di maternità surrogata commesso all’estero dai cittadini italiani. Motivi che sposo pienamente anch’io che da sempre conduco una convinta battaglia contro la pratica della Gpa, anche se “solidale” o “altruistica”. Penso che pure in questo caso, infatti, a gioirne sia il business che questo bio-commercio garantisce, riducendo il corpo fecondo femminile e il suo frutto a valore di mercato. Aggiungo, rispetto alle questioni sollevate da Costa, che qualsiasi proposta che voglia dettare una regola, repressiva o meno, non può esimersi dall’affrontare le conseguenze. In questo caso la nascita di creature a cui non può essere negato alcun diritto, non avendo loro scelto il modo in cui venire al mondo. La proposta di legge in questione tace completamente su questo punto rispetto al quale le corti supreme hanno invece sollecitato il Parlamento a riempire il vuoto normativo attuale. Tra gli argomenti di Costa, infine, è interessante quanto sostiene rispetto a chi, silente benché consapevole delle criticità della proposta di legge, esprimerà un voto a favore nella paura di essere catapultato tra i favorevoli alla Gpa, essendo questa preoccupazione anche la mia. Ciononostante, in vista del voto della Camera previsto in luglio, mi aspetto una esplicita presa di posizione da parte di tutte le deputate e tutti i deputati perché il voto di ciascuna e ciascuno sia leggibile e non ambiguo rispetto alla legge che vuole la destra. 
Luana Zanella , presidente del gruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera
 

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