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È difficile non essere d'accordo con Macron sulla guerra in Ucraina

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Elly Schlein firma il referendum della Cgil contro il Jobs Act, ma lascia libertà di coscienza al gruppo dirigente del Pd. “Ben venga il caos, perché l’ordine non ha funzionato” (Karl Kraus, “Detti e Contraddetti”, 1909-1918).

Michele Magno

“Il Jobs Act rappresenta la riforma più ambiziosa del mondo del lavoro dal 1997. L’impegno di risorse economiche collegate a vario titolo all’attuazione della riforma è di grande portata”. Così Antonio Misiani, nel 2015, oggi responsabile economico del Movimento 5 Schlein.



Al direttore - Poiché il Pd non è in grado di condurre una opposizione efficace al governo Meloni, Elly Schlein ha deciso di opporsi retroattivamente ai governi dem.

Giuliano Cazzola

Su questo, Pd e Fratelli d’Italia sono perfettamente allineati: ha stato il Pd!



Al direttore - Le dichiarazioni di Macron circa un possibile invio in Ucraina di truppe militari europee, a cominciare da quelle francesi, qualora la Russia dovesse sfondare le linee di difesa di Kyiv, hanno innescato in Italia delle reazioni di freno o rigetto, da parte di forze politiche anche contrapposte, dell’ipotesi formulata dal presidente francese. Reazioni che non condivido. In particolare, trovo inappropriato l’appellarsi del ministro Crosetto all’art.11 della Costituzione – relativo al ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli – per frenare, anzi respingere, la possibilità ventilata da Macron. L’articolo in questione vieta l’invio di truppe italiane in appoggio a un paese “offendente” (l’aggressore russo) un altro paese, ma non il soccorso di nostri soldati a un popolo “offeso” (l’aggredito ucraino). Se così non fosse, d’altro canto, l’Italia non potrebbe neppure onorare i suoi vincoli d’alleanza con la Nato, qualora fossimo chiamati a dare il nostro apporto militare in uomini e mezzi se venisse “offeso” (attaccato) un paese alleato, per esempio la Polonia o gli stati baltici. La presa di posizione del ministro Crosetto, in altri termini, non mi pare una buona linea di unità e collaborazione in sede europea per costruire rapidamente un’efficace e autonoma – quantunque integrata Nato – deterrenza politico-militare dell’Ue.

Alberto Bianchi

“Come ho detto, non escludo nulla, perché siamo di fronte a qualcuno che non esclude nulla. Senza dubbio siamo stati troppo titubanti nel formulare i limiti della nostra azione a qualcuno che non li ha più e che è l’aggressore. La nostra capacità è quella di essere credibili, di continuare ad aiutare, di dare all’Ucraina i mezzi per resistere. Ma la nostra credibilità dipende anche da una certa capacità di dissuasione non dando piena visibilità a ciò che faremo o non faremo. Altrimenti ci indeboliamo, ed è questo il quadro nel quale abbiamo operato finora. Inoltre, molti paesi hanno affermato di aver compreso il nostro approccio nelle settimane successive, di essere d’accordo con la nostra posizione e che questa posizione era positiva. Ho un obiettivo strategico chiaro: la Russia non può vincere in Ucraina. Se la Russia vincesse in Ucraina, non avremmo più sicurezza in Europa. Chi può affermare che la Russia si fermerà qui? Quale sicurezza per gli altri paesi vicini, Moldavia, Romania, Polonia, Lituania e tanti altri? E dietro a ciò, quale credibilità per gli europei che avrebbero speso miliardi, che avrebbero detto che era in gioco la sopravvivenza del continente e che non si sarebbero dati i mezzi per fermare la Russia? Quindi sì, non dobbiamo escludere nulla perché il nostro obiettivo è che la Russia non possa mai vincere in Ucraina”. Questa è la frase esatta di Macron, quella offerta qualche giorno fa all’Economist. Difficile essere in disaccordo.
 

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