Le balle di Ruotolo sui termovalorizzatori non fanno più notizia

Chi ha scritto al direttore, Claudio Cerasa

Al direttore - Il sindaco di Roma ha fatto della realizzazione del termovalorizzatore, volgarmente chiamato inceneritore, il punto forse principale del suo programma in questo mandato. Gli sono bastati pochi mesi in Campidoglio. Alla giunta Zingaretti, in regione, e all’assessore dell’epoca Valeriani non erano bastati 10 anni per rendersi conto che senza questa capacità di smaltimento il ciclo dei rifiuti a Roma non si sarebbe mai chiuso. L’Unione europea ha avallato la sua scelta e la recente bozza di tassonomia sulle tecnologie verdi sdogana a tutto campo il recupero di energia dai rifiuti. Nel frattempo la capitale vive l’umiliazione persino delle proteste svizzere per i treni che, carichi dei rifiuti romani, dovranno transiare da quel paese diretti in Olanda.  Il comune ha già speso 7,5 milioni di euro per acquistare l’area necessaria e la prima fase della gara è già stata espletata. Per fine anno, al più tardi, i lavori potrebbero iniziare. Ma come tutti sospettavano la nuova direzione del Pd nazionale mal digerisce, anzi non ha digerito per niente questa scelta. L’ambientalismo chiacchierone odia i termovalorizzatori come i gassificatori, le centrali nucleari, quelle a gas e quelle a carbone. I ponti, le autostrade e i treni veloci. E numerose altre cose utili alla civiltà e al progresso. Ecco quindi avanzare il neo membro della segreteria nazionale, Sandro Ruotolo, che non pago delle cantonate già prese con il termovalorizzatore di Acerra nell’epoca Santoro – per fortuna che si è fatto levando Napoli dagli impicci – propone di riaprire il dialogo. Come? Con un bel referendum cittadino, contando evidentemente sul fatto che un po’ di truppe cammellate possano avere ragione dell’evidente maggioranza dei cittadini. Fosse accettata questa proposta, altro che dialogo. Si andrebbe a uno scontro frontale con da una parte il sindaco della capitale e una parte del Pd e della maggioranza e dall’altra il Pd nazionale, guidato da Ruotolo e da Annalisa Corrado, neo responsabile all’Ambiente nella segreteria nazionale del Pd, che solo pochi mesi fa accusava con parole durissime il sindaco di propagare fake news a proposito del termovalorizzatore. Scontro al quale probabilmente nessuno dei due contendenti sopravviverebbe indenne. Se vincesse la Schlein, Gualtieri dovrebbe dimettersi e la Schlein porterebbe la responsabilità di avere fatto cadere la più importante giunta di sinistra d’Italia. Se vincesse Gualtieri, dovrebbe coerentemente dimettersi la Schlein. Rimane da capire come mai solo in Italia un termovalorizzatore, dopo avere fatto cadere un governo nazionale e avere impedito la formazione di alleanze, possa anche mettere in crisi un’importante municipalità come quella di Roma. Come si dice? A coloro che vuol perdere, Dio prima toglie il senno. 
Chicco Testa

 

Tra le molte vaccate dette ieri da Sandro Ruotolo, l’ex inviato di Michele Santoro ha detto quanto segue: “Il termovalorizzatore di Roma? Se lo fai abbandoni la differenziata. Gualtieri lo vuole fare?”. Suggeriamo a questo proposito al dottor Ruotolo, che da qualche giorno non rappresenta più solo le sue idee bislacche ma incarna la linea di uno dei partiti progressisti più importanti d’Europa, di fare un salto in Emilia-Romagna, dove i termovalorizzatori sono sette, dove la differenziata è al 73 per cento e dove da anni, tanto per dirne una, il comune di Roma, non essendo in grado di smaltirli autonomamente, manda parte dei suoi rifiuti, arrivando a pagare l’utilizzo degli inceneritori 180 euro a tonnellata. D’altronde, per uno come Sandro Ruotolo, che in passato ha trasformato in oro colato le bugie di Massimo Ciancimino, le patacche sui termovalorizzatori nel suo curriculum potrebbero anche non fare notizia. Complimenti al nuovo Pd. 


  

Al direttore - Se il governo continua a temporeggiare sul varo della revisione della normativa sulla concorrenza, questa volta a motivo della disciplina del commercio ambulante, e aggiunge – stando a quanto riferiscono le cronache – anche l’impasse sulle nomine dei due commissari Consob che  sarebbero approdate in Consiglio dei ministri ma con un nulla di fatto, allora, al di là degli impatti sul Pnrr (per la concorrenza) e sul ricevimento delle risorse previste dal Piano, ne risulta un’immagine non certo favorevole dell’esecutivo per quel che riguarda il “governo” dell’economia. Per di più, quanto alla Consob, si trascura il fatto che le nomine competono, in ultima istanza, al capo dello stato che adotta i relativi decreti non, in tal caso, con la firma di una decisione che, a differenza di molte altre, rientra nella responsabilità del governo, bensì con la piena valutazione del merito. E’ sperabile che l’impasse in questione sia sollecitamente superata e non sia affatto anticipatrice di un comportamento che potrebbe riguardare altre authority e, soprattutto, la Banca d’Italia in occasione dell’avvicendamento, a fine ottobre, del governatore Ignazio Visco. 
Angelo De Mattia

  
Rispetto al tema Consob un aggiornamento: il Consiglio dei ministri, ieri, su proposta della premier Giorgia Meloni, ha deliberato l’avvio della procedura per la nomina di Gabriella Alemanno e di Federico Cornelli a componenti della Consob. Qualcosa si muove.
 

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