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Lettere

Il Cav. scatenato e la coerenza perduta a destra. Che spettacolo

Chi ha scritto al direttore del Foglio Claudio Cerasa 

Al direttore - No all’annessione del Lambrusco!
Giuseppe De Filippi


Cav. unchained. Anche senza vodka.


 

Al direttore - Per chi cerca di ragionare con la testa, e non con il tratto terminale dell’intestino, dovrebbe ormai essere chiaro: l’obiettivo di Putin è quello di rendere invivibile l’Ucraina e di terrorizzare la sua popolazione, fiaccandone la capacità di resistenza e facendo (letteralmente) terra bruciata intorno a Zelensky. Non sembra però che questa realtà scalfisca le certezze dei pacifisti irriducibili, di coloro cioè che vogliono la pace a ogni costo e con ogni mezzo, foss’anche la resa a un sistema politico autoritario che si fa beffe del diritto internazionale. In questo senso, si distingue l’appello per fermare la guerra lanciato da un gruppo di intellettuali di vario orientamento politico e culturale. Luciano Capone e Adriano Sofri, su queste colonne, hanno documentato le inesattezze, le incongruenze, le omissioni del piano in sei punti per un “negoziato credibile” proposto dai firmatari. Recita un vecchio ritornello napoletano: “Chi ha avuto ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato ha dato, scurdàmmoce ’o passato...”. Potrebbe tranquillamente essere il suo esergo. Coerentemente, il primo punto del piano allude al mito della “promessa tradita” dalla Nato di non espandersi a est, in realtà formulata a Gorbaciov dal segretario di stato James Baker in un incontro informale del 1990. Un  pilastro polemico del Cremlino nei confronti delle potenze occidentali. E’ stato usato, infatti, dal presidente russo come pretesto per giustificare l’invasione della Georgia nel 2008 e della Crimea nel 2014, nonché quella in corso nel Donbas. Solo che Putin, e con lui quanti anche in Italia condividono l’argomento della “broken promise”, dimenticano che nel Memorandum di Budapest del 1994 (sottoscritto con Usa e Regno Unito) Mosca si impegnò a rispettare l’integrità territoriale dell’Ucraina, nonché ad astenersi dall’uso della forza nei suoi confronti in virtù del trasferimento del suo arsenale nucleare in Russia. Piaccia o meno il principio “pacta sunt servanda”, quindi, non si può negare il peso diverso che hanno un accordo formale e un accordo verbale tra le grandi potenze. Lo si può negare soltanto se si equivoca un paradossale aforisma di Leo Longanesi: “Non bisogna appoggiarsi troppo ai princìpi, perché poi si piegano”.
Michele Magno



Al direttore - Fuori e dentro al centrodestra molti danno la colpa al Cav. per i presunti traccheggiamenti, i messaggi in codice, le asperità di queste ore. Ma è Giorgia Meloni se non sbaglio a intestare su di sé le decisioni sui nomi dei ministri e dei presidenti da inserire nel governo, senza concedere spazio sufficiente agli alleati, in particolare a FI. Se Silvio cede, sarà difficile in futuro far valere le proprie ragioni sulle questioni cruciali, come Europa, tasse e guerra.
Juri Diego Cherubini



Al direttore - La destra dice che l’opposizione e Letta non devono criticare la maggioranza all’estero perché “antipatriottico”. Ricordo una stagione non troppo remota però in cui la destra sosteneva che Putin fosse meglio del nostro presidente del Consiglio (che all’epoca era Renzi). Meloni ha ragione, ma prima di guardare in casa d’altri dovrebbe forse guardare in casa sua.
Fabiola Martoni

In sostanza, nel giro di pochi mesi, Meloni ci sta dicendo che per governare l’Italia occorre essere incoerente con molte delle idee offerte negli ultimi anni da Meloni e che per fare una buona opposizione occorre fare un’opposizione diversa da quella fatta in questi anni da Meloni e Salvini. Slurp!
 

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