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Perché le donne al potere in Europa sono in prevalenza di destra

Chi ha scritto al direttore

Al direttore - “Tu puoi avere pace soltanto se la dai” (Marie von Ebner-Eschenbach, Aforismi, 1880).
Michele Magno


  
Al direttore - Sarebbe interessante sapere quanto ha speso la procura di Roma per l’inchiesta sull’archivio di Paolo Persichetti a caccia di misteri inesistenti nel caso Moro, dove il gip dice che dopo 16 mesi non c’è un capo di imputazione formulato e che forse non ci sarà mai. Roba da Corte dei conti in tempi di spending review. Lo stesso discorso vale anche per il processo sulla molto presunta trattativa stato-mafia.
Frank Cimini


  
Al direttore - Caro Cerasa, ho letto ieri su Repubblica un pensoso editoriale di Michela Marzano e c’è qualcosa nel suo ragionamento che trovo incredibile. Mi pare che il senso sia: una donna di potere, se è donna, deve stare attenta a non perdere la sua autenticità. “Noi donne – scrive Marzano – dovremmo affidarci alla forza dirompente dell’autenticità. Quell’autenticità che rende unici e che trascina. Quell’autenticità che produce autorevolezza e credibilità, soprattutto se non ci si lascia sopraffare dalla sete di potere. A che serve d’altronde conquistare il potere se poi, come sta accadendo in Francia alla leader del partito ecologista Sandrine Rousseau, lo si esercita esattamente come i propri predecessori maschi?”. Mi pare che sia questo un anticipo del filo conduttore delle critiche che arriveranno da sinistra contro Meloni: una donna al potere che non si comporta da donna e che penalizza le donne. Trasecolo, non so lei.
Andrea Carboni

   

Al posto di Michela Marzano farei un salto di qualità, nelle argomentazioni, e mi chiederei, con sincerità, se è solo un caso che le donne di potere, in Europa, sono prevalentemente donne promosse dalla destra. Chissà se Michela Marzano ha mai sentito parlare di Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo. Chissà se ha sentito parlare di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea. Chissà se ha sentito parlare di Christine Lagarde, presidente della Banca centrale. Chissà se ha sentito parlare di Liz Truss, primo ministro inglese. Chissà se ha sentito parlare, qualche anno fa, di Angela Merkel. Chissà se Michela Marzano si è mai chiesta perché a sinistra, dove i partiti hanno una qualche difficoltà a investire sul merito, si discute di quote rosa mentre a destra, invece, le donne il potere non aspettano che venga dato loro ma di solito, puntando sul merito, e onorando le proprie ambizioni, il potere  non solo lo osservano ma arrivano magnificamente a prenderselo. Discutere di questo tema mi sembra urgente, cara Marzano: se non ora, quando?


  
Al direttore - Come reagire se Putin usa una bomba atomica tattica? Si tratta di una domanda estremamente importante, la risposta retroagisce sulla probabilità che Putin vi faccia ricorso. Tutti guardano agli Stati Uniti e Biden ha minacciato risposte adeguate. Come adeguate? Sanzioni no, tutto quello che era sanzionabile lo è già stato. Intervenire direttamente, Dio ne guardi, sarebbe la terza guerra mondiale. L’unica cosa è dare agli ucraini ancora più mezzi e ancor più potenti, magari aerei per attacco al suolo: una strada un po’ distorta per arrivare alla fine negoziata della guerra. Gli europei faranno come gli Usa su scala ridotta. Putin ha invaso un paese limitrofo. Le sue truppe hanno ammazzato civili in serie, hanno praticato la tortura, sottraggono bambini ai genitori per farne sudditi della grande Russia. Se adesso usa l’atomica, tra l’altro all’interno neppure di una guerra, ma di una “operazione speciale”, che cosa ancora deve fare per essere considerato un paria dal mondo intero? Un paria viene trattato da paria: alla lettera implicherebbe, per i paesi, interrompere le relazioni diplomatiche, non fosse che di comunicazioni si ha bisogno per rendere manifesto il proprio dissenso, e, speriamo, per ricucire un consenso. Al contrario è necessario che ci siano relazioni in cui rendere manifesto che lo si considera un paria. Un paria non lo si frequenta, di un paria non si è amici: chi lo fa corre il rischio di venire a sua volta considerato un paria. Perché Putin non usi l’atomica, non serve la minaccia di un “di più” di armi, bisogna che sia quella della reazione da parte di un “di più” di persone. Non conta  che cosa faranno i suoi nemici, conta che cosa faranno quelli che oggi sono suoi amici, o non ancora espliciti nemici. Non è certo la paura di una rappresaglia che fermerà Putin: la sola cosa che può dissuaderlo è la prospettiva di essere isolato da tutto il mondo. Questa tattica non ha la certezza di avere successo, ma è anche la sola che abbiamo. E questo rende l’usarla, oltre che un interesse, un obbligo morale. “Andare con i paria” nuoce alla reputazione, quella degli stati come quella degli individui. Ci pensino i nostri freddolosi filoputiniani: “De te fabula narratur”.

Franco Debenedetti