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Lettere

Le sagge parole del procuratore di Trento sulla tragedia della Marmolada

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Leggo che gli on. Letta e Salvini hanno affidato alle sperimentate mani del sen. Calderoli il compito di una nuova legge elettorale, proporzionale con premio di maggioranza. Vorrei suggerire il modello limpido della legge maggioritaria del 1953 che solo la campagna mistificatoria del Pci poté etichettare come “legge truffa”. Quel sistema elettorale si basava sulla ripartizione proporzionale delle liste circoscrizionali di ogni partito con preferenze per i candidati e su un premio di maggioranza nazionale (65 per cento dei seggi) alle liste collegate che raggiungevano almeno il 50 per cento più uno dei voti. Allora il  partiti collegati (Dc-Psdi-Pli-Pri) che sostenevano il centrismo di De Gasperi rinunciarono a ricontare i milioni di schede contestate nei seggi dai comunisti che pure avrebbero fatto scattare il premio di maggioranza (mancavano 50 mila voti), per evitare i tumulti sociali delle sinistre e delle destre monarchiche e missine. Quel modello che aveva il pregio della chiarezza nel rapporto tra elettori, partiti ed eletti era tutt’altro che truffaldino: oggi potrebbe funzionare anche adottando, se necessario, alcune varianti. Ad esempio porre la soglia del premio di maggioranza sotto il 50 per cento dei voti; introdurre un quorum nazionale per ogni lista di partito (3-5 per cento ) per partecipare alla ripartizione dei seggi; irrigidire il sistema delle preferenze dopo il capolista; prescrivere che il calcolo del quorum nazionale di partito riguardi solo le liste circoscrizionali con lo stesso simbolo; impedire la formazione di gruppi parlamentari che non corrispondano a liste elettorali… Una tale legge sarebbe davvero il superamento delle porcate di questi anni escogitate dopo il Mattarellum, vere truffe per gli elettori. 
Massimo Teodori

 

Dio benedica il proporzionale.


 

Al direttore - Dall’8 giugno del 2021 la magistratura romana (pm Albamonte, gip Savio, entrambi di Md) tengono sotto sequestro l’archivio del ricercatore indipendente Paolo Persichetti nonostante il perito nominato dal giudice abbia escluso la presenza di documenti riservati della commissione Moro tra le carte oggetto dell’inchiesta. Non ci fu dunque violazione del segreto d’ufficio, mentre altri reati come l’associazione sovversiva e il favoreggiamento di latitanti erano caduti quasi subito. Il capo di imputazione è stato cambiato cinque volte. Il pm Albamonte, lo stesso che aveva preso il Dna dei condannati per via Fani e di altre persone a 43 anni dai fatti, è a caccia di improbabili complici e di misteriosi servizi segreti. Il paradosso è che il lavoro di Paolo Persichetti (ex militante delle Br) è in linea con le conclusioni dei cinque processi: dietro alle Br c’erano solo le Br. La procura romana coltiva gli stessi sospetti della fondazione Flamigni, che da anni gioca con le dietrologie e riceve pure finanziamenti pubblici. Mi permetto di aggiungere che questa vicenda, sulla quale i giornaloni tacciono, mi sembra un’operazione di propaganda politica travestita da inchiesta giudiziaria. Sarebbe ora di restituire le carte sequestrate.
Frank Cimini

 

Storia inquietante, caro Cimini. Ma in questi giorni, se penso alla magistratura, mi vengono in mente anche alcuni esempi non negativi. Esempi come quelli registrati a Trento, dove il procuratore capo, Sandro Raimondi, due giorni fa, rispetto alla tragedia della Marmolada, ha usato parole sagge, posate, misurate, intelligenti. “II grosso nodo di questa vicenda è la prevedibilità dell’evento. E la prevedibilità è esclusa, non c’è. Noi apriamo tutte le porte che abbiamo davanti per verificare cosa è successo e ricostruire il fatto. Sicuramente non vogliamo nessun agnello sacrificale in pasto all’opinione pubblica, non è nel nostro stile. Siamo convinti che tutto quello che deve essere fatto lo si farà nel più breve tempo possibile”. Spesso, di fronte a fatti di questo genere, la giustizia cerca, come ha ricordato sul Foglio Cristiano Cupelli, un modo per trovare a tutti i costi un colpevole per placare, “col clamore simbolico della giustizia immediata, presunte o reali istanze di protezione sociale”. A Trento, per fortuna, hanno un’idea diversa. Viva il procuratore Raimondi.

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