Christine Lagarde (LaPresse) 

Bene lo scudo anti spread, ma ne servirebbe anche uno anti Lagarde

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Certamente, come è stato detto nel convegno milanese di “Young Factor”, la progettata introduzione, da parte della Bce, dello scudo anti frammentazione ha finalità di politica monetaria. Ma ciò ha ricadute ovvie sugli spread. Non bisogna dimenticare che la finalità in questione – insieme con l’evocazione del rischio di disintegrazione dell’euro nel 2012 – è stata alla base delle motivazioni delle operazioni monetarie non convenzionali e, in particolare, del quantitative easing, esposte alla Corte europea di giustizia e da essa accolte contro le posizioni della Germania. All’epoca della gestione Draghi si aveva cura di aggiungere sempre nelle comunicazioni sulle innovazioni operative “nell’ambito del mandato”, riferendosi, appunto, alla missione della Bce. Questa non può finanziare monetariamente i Tesori degli stati, perché lo vieta il Trattato Ue; né ha nel mandato il sostegno all’occupazione (e all’ economia) posto sullo stesso livello della stabilità dei prezzi. Tuttavia, perseguendo scopi propri di politica monetaria, finisce con l’intervenire positivamente anche sugli spread. Bisognerebbe essere più chiari nella comunicazione che, per la Bce, si conferma come il “punctum fortiter dolens”. E’ auspicabile che quanto è accaduto il 9 giugno, dopo la riunione del Direttivo dell’Istituto, sia d’insegnamento. Con i più cordiali saluti. 
Angelo De Mattia

 

Spiace dirlo, ma nonostante il saggio intervento sullo scudo anti spread, il mandato di Christine Lagarde è ormai segnato in modo indelebile da alcuni passaggi poco decorosi. Il primo passaggio indecoroso, come ricorderete, è quello piuttosto imbarazzante che si è andato a manifestare il 12 marzo del 2020, quando la presidente della Bce, in piena pandemia, con i mercati in attesa di  qualche buona notizia, disse che “non è compito della Bce ridurre gli spread” e confessò di “non voler essere ricordata per un altro whatever it takes”. Subito dopo le sue dichiarazioni, le borse europee calarono mediamente del 10 per cento, Milano crollò di 17 punti, facendo registrare il giorno peggiore della storia di Piazza Affari, lo spread fra Btp e Bund tedeschi toccò i 260 punti e persino il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, fu costretto a intervenire, rivolgendosi così al capo della Bce: “L’Italia attraversa una condizione difficile e la sua esperienza sarà utile per tutti. Si attende quindi, quanto meno nel comune interesse, solidarietà e non mosse che possono ostacolarne l’azione”. Lagarde scelse di correggersi due settimane dopo, il 3 marzo, dicendo di essere pronta “ad assumere le appropriate misure mirate, come necessarie e appropriate per i rischi sottostanti”. Un anno dopo quella gaffe, Lagarde ne farà un’altra, non meno grave. E’ il febbraio del 2022 e dopo aver rassicurato per mesi gli investitori sul fatto che i tassi non sarebbero stati toccati prima del 2023 e che la fine del Pepp (il Programma di acquisti pandemico) sarebbe stata gestita con la gradualità necessaria, improvvisamente Lagarde si presenta di fronte agli investitori annunciando in modo brusco l’aumento dei tassi. Altro crollo, altre vendite, altra speculazione. Pochi mesi dopo sarà la volta dell’altra gaffe, quella della scorsa settimana, quando Lagarde, dopo aver lasciato la porta aperta a un aumento dei tassi d’interesse più grande di quanto preventivato, è stata costretta ad annunciare il suo scudo anti spread. Lo scudo anti spread è utile, prezioso. Ma i mercati e gli investitori da almeno due anni hanno capito che cercare uno scudo anti Lagarde non è meno importante che cercare uno scudo anti spread.


  
Al direttore - Ieri era tutta colpa del neoliberismo, oggi è tutta colpa della Nato. Tra le star del tubo catodico le parole d’ordine cambiano, le stronzate restano.
Michele Magno

 

Il filo conduttore è sempre lo stesso, caro Magno: è il complottismo, bellezza.


 

Al direttore - Non chiamerei mai “fascista” Giorgia Meloni per non offendere la storia, il buonsenso e aggrupparmi alla banalità dei talk-show che si beano di evocare il saluto romano di quattro ginnasti scalmanati o la fiamma che sorge dalla bara del duce. Attribuirei piuttosto alla signora l’epiteto di etno-populista di una destra illiberale. Un saluto. 
Massimo Teodori