Il tragico dilemma è: qual è il confine tra deterrenza e impotenza?

Le lettere al direttore dell'11 marzo 2022

Al direttore - La guerra suscita in tutti orrore, ma dall’occhio freddo dei mercati è una variabile da monitorare attentamente. In una situazione di “Risk Off” (ovvero una situazione di tensione politica, economica o finanziaria), si assiste al tipico “flight to safety”, ovvero si sposta la liquidità verso le attività di basso profilo di rischio che offrono bassi rendimenti, ma che garantiscono protezione. Un tipico bene rifugio come l’oro sta galoppando, mentre sul versante delle valute si assiste a un rialzo del franco svizzero, del dollaro e dello yen. Anche i bond Usa e i bund tedeschi decennali sono oggetto di forte interesse da parte degli investitori. Si assiste anche a un’ondata ribassista sui mercati azionari (che colpisce in primis i titoli bancari, quelli del turismo e del “leisure”) e a un’impennata dei tassi dei titoli di stato a breve termine. Nell’ottica rialzista, sono da osservare le azioni direttamente collegate alla situazione bellica, come le azioni del comparto Difesa e del comparto Oil & gas. Da ultimo va notato che le sanzioni economiche inflitte dall’Ue penalizzeranno inizialmente chi le emette e solo successivamente chi le subisce, ed ecco perché in Italia ne risentiranno immediatamente i settori che hanno un maggior export verso la Russia, in particolare indumenti esterni, mobilio, macchine e calzature che rischieranno di mettere in ginocchio alcuni distretti industriali italiani.
Andrea Zirilli


 

Al direttore - La dignità di un grande popolo si misura in diverse occasioni ma ancor più nelle grandi tragedie come la guerra. Purtroppo ogni giorno assistiamo a folle di profughi ucraini, prevalentemente composti da donne sole, bambini, anziani e malati che, con le lacrime agli occhi e il volto segnato dal dolore, fuggono dalle loro case e dai loro affetti. Colpisce il silenzio che accompagna queste anime belle in fuga verso un futuro migliore rotto solo dal fragore delle granate lanciate dal nemico che radono al suolo case, ponti e ospedali. In contrasto con le note dell’“Inno alla Gioia” di Beethoven suonato ieri sera dalla Kyiv Classic Orchestra nella grande piazza vuota di Kyiv. Che potrebbero suonare di buon auspicio per una pace vicina. Al popolo di Ucraina vada anche il prossimo premio Nobel per la Pace. Se non a loro, chi altro lo meriterebbe?
Vincenzo Covelli

   

Mi auguro che accada. Sul tema della guerra, e delle nostre reazioni, suggerisco un’utile lettura: Ross Douthat sul New York Times. Tesi di  Douthat: “Siamo stati estremamente attenti all’escalation diretta con i sovietici anche quando hanno invaso l’Ungheria o la Cecoslovacchia o l’Afghanistan, e il risultato è stato una vittoria della Guerra fredda senza una guerra nucleare. Inasprirsi ora contro un avversario più debole, meno propenso a sconfiggerci alla fine e più propenso a impegnarsi in un’incoscienza atomica se messo alle strette sarebbe una follia grave ed esistenziale”. Il punto di vista è suggestivo, ma ci porta a interrogarci ancora una volta su un punto non irrilevante: qual è il confine tra deterrenza e impotenza? E cosa siamo disposti a sopportare per mantenere ferma la nostra volontà di non rispondere a chi attacca la libertà con tutte le nostre armi a disposizione? Domande semplici, risposte forse impossibili.