La corrente Mao e i cuochi di Lenin. Ci scrive Gianni Cuperlo

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore -  Il razzismo si combatte in piedi. La lezione di Cassius Clay.
Gino Roca

 
Inginocchiarsi per una buona causa è un bel gesto, ma trasformare chi non si inginocchia in un nazista, pardon, in un razzista, come vorrebbe fare qualcuno, è un atteggiamento semplicemente da fesso. 


  
Al direttore - Sul giornale di ieri Carmelo Caruso ha dipinto con arguzia e quel tanto di ironia le conclusioni del vicesegretario Provenzano alla quarta sessione del corso su “Il mondo dopo” promosso dalla Fondazione Costituente del Pd. La descrizione racconta di una barbosa scuola di vecchie idee narrate da antichi arnesi. Da avvocato difensore della causa mi intrufolo per due – no, anzi tre – chiarimenti.

Parto dal panel degli inviti e delle lezioni e metto in fila senz’ordine: Lucio Caracciolo, Nicoletta Pirozzi, Karima Moual, Vladimiro Zagrebelsky, Romano Prodi, Linda Laura Sabbadini, Ferruccio De Bortoli, Pier Luigi Ciocca, Francesca Bria, Mauro Magatti, Jean Paul Fitoussi, Elena Cattaneo, Maurizio Landini, Francesca Zajczyk, Massimo Luciani, Beppe Sala, Gloria Marchetti, Simone Dossi, Luciano Violante, Mara Morini, Iratxe Garcia Perez, Antonio Gaudioso, Carla Bassu, Anna Mastromarino, Elena Granaglia… sono stati alcuni tra gli ospiti, mentre per il Pd si sono coinvolti, tra gli altri, David Sassoli, Paolo Gentiloni, Irene Tinagli, Dario Parrini, Graziano Del Rio, Brando Benifei, Valentina Cuppi, Andrea Orlando, oltre naturalmente a Enrico Letta. L’elenco pedante per dire che non è stato proprio un pensare a senso unico, esercizio effettivamente noioso e senza particolare utilità. Per altro basta scorrere i nomi per intuire quanta popolarità possano aver avuto in quella sede la presa di distanze dal governo attuale e un moto di nostalgia per il precedente.

Il secondo chiarimento riguarda la polemica verso il fondo di Antonio Polito sul Corriere. Nel mio piccolo ho sostenuto come la critica rivolta ai firmatari dell’appello sul reclutamento di “economisti liberisti” fosse più che legittima, ho contestato solamente la deduzione di Polito per cui aver espresso quella posizione di per sé andrebbe inteso come inconsapevole alimento di potenziali derive repressive e violente. Mi pareva e continua a sembrarmi un balzo logico piuttosto ardito e sinceramente sbagliato. Quanto a Veltroni non mi sono mai sognato di nominarlo: Walter ha espresso analoga riserva sul senso e l’opportunità di quell’appello, critica che ripeto essere legittima, ma senza trascinare la polemica su un terreno delicato e da calpestare con la cautela che la storia suggerisce e Veltroni da sempre rispetta.

Infine, sull’intervento di Provenzano. Debbo dirle che quanto a criticare il capitalismo del pre e post pandemia ho ascoltato da altri relatori assai meno targati politicamente giudizi persino più severi di quelli echeggiati nelle conclusioni di domenica scorsa. Però, solo per onestà intellettuale, una cosa debbo riconoscerla. Ed è che anch’io alle ore 13 e12 minuti (mi sono appuntato l’istante) sono rimasto colpito dalle tre proposte operative avanzate dal vicesegretario: una piena nazionalizzazione dei mezzi di produzione entro il 2026; una mini-patrimoniale sui redditi superiori a 7 mila euro lordi annui e l’estensione della festività del 1° Maggio anche al 2, 3 e 4 dello stesso mese sì da introdurre per legge la “Settimana del Lavoratore”. In privato gli ho segnalato quella che mi è parsa una forzatura, ma lui mi ha spiegato che solo alzando l’asticella delle aspettative potremo poi convergere su una mediazione ragionevole a sostegno di misure meno ambiziose. La prenda come espressione di una felice esuberanza giovanile! Quanto alla corrente “Mao” (e questa è la pura verità) le confesserò che la sola citazione del seminario ha riguardato il compagno Lenin a cui è imputata la formula: “Ci sono decenni nei quali non succede nulla e settimane in cui accadono decenni”. Un saluto cordiale.
Gianni Cuperlo

 
Caro Cuperlo, la sua lettera è una delizia. Provo però a strapparle un sorriso come lei è riuscito a fare con noi. Lenin, come lei mi insegna, diceva che ogni cuoco deve imparare a governare lo stato. A me sembra che nel Pd, nella splendida corrente Mao, c’è chi fa di tutto per dare l’impressione di essere lì a rimpiangere la stagione in cui ci si accontentava di far governare il paese al primo ottimo cuoco di passaggio. Non pare anche a lei? Un abbraccio.