Le buone basi per riformare l'Irpef. Coprifuoco? Osho ha un'idea

Al direttore - Confermando che la politica è l’arte della mediazione e del compromesso, governo e regioni hanno concordato che il coprifuoco scatterà alle 22.30.
Michele Magno

Cito Osho su Draghi: “Famo dieci e un quarto già pigiamati?”. 


 

Al direttore - Come sempre, l’articolo di Stefano Cingolani sulle tasse di Draghi presenta un quadro interessante dei propositi governativi per la riforma fiscale. E’ importante riformare l’Irpef alla luce dei princìpi di progressività: ma in questo Draghi non innova perché si tratta semplicemente di attuare la Costituzione. E’ condivisibile, in ogni caso, che la rivisitazione dell’Irpef sia l’“alfa”, ma non anche l’“omega” dal momento che, per corrispondere anche alle dichiarazioni programmatiche rese dal premier in occasione del voto sulla fiducia sarebbe necessaria una generale riforma di imposte e tasse. Quella dell’Irpef è la revisione che potrà catalizzare altri necessari interventi, ma questi non potrebbero mancare se si vuole una riforma organica che valga per non pochi anni a venire. Se così non fosse, allora bisognerebbe essere chiari e affermare apertamente che la prevista legge delega riformerà l’Irpef e, semmai, riordinerà, per farne un testo unico, il resto delle imposizioni, senza, tuttavia, farne una sostanziale revisione, insomma senza innovare. E’ sperabile che così non sia.  
Angelo De Mattia


Non sarà facile, caro De Mattia, fare una riforma perfetta, ma l’idea di un’opera di raccolta e razionalizzazione della legislazione fiscale in un testo unico, “integrato e coordinato con le disposizioni normative speciali, da far a sua volta confluire in un unico Codice tributario”, per arrivare a “una revisione dell’Irpef che abbia il duplice obiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo e di ridurre gradualmente il carico fiscale, preservando la progressività” come si legge nel Pnrr, mi sembra  un ottimo punto di partenza.


 
Al direttore - Fra i tanti motivi per continuare a dibattere sul ddl Zan, un punto poco toccato è che il ddl in questione è uno specchio fedele in grado di restituire in maniera nitida un paradosso del tempo che stiamo vivendo. Da un lato, mai come oggi la Natura, qui intesa come ecosistema nella sua più vasta e generica accezione, è oggetto di una massiccia e pervasiva campagna volta a sensibilizzare l’opinione pubblica e più in generale tutti gli attori sociali economici e politici, sulla necessità e sull’urgenza di rispettare e salvaguardare il più possibile il pianeta. Allo stesso tempo,  negli ultimi decenni abbiamo  assistito a una tale accelerazione degli studi nel campo della genetica, che non passa praticamente giorno che non  si abbia notizia di nuove scoperte cosiddette le quali, se confermate, dovremmo tutti rassegnarci a vivere senza alcuna libertà di scelta. Il punto che preme sottolineare è che a fronte di una accresciuta sensibilità ambientale cui si aggiunge un  nutrito sviluppo della genetica fa da contraltare l’affermazione di una libertà che si pretende senza limiti fino al punto di invocare a gran voce la traduzione di ogni desiderio in diritto. Ciò che, in un colpo solo, si pone in contrasto con la visione di una vita preordinata, come vorrebbero le tante scoperte genetiche; ma che anche fa a sportellate con l’anelito ambientalista laddove l’unico ambito che non solo è lecito non rispettare ma che anzi si vuole nella piena autodeterminazione del soggetto, è la natura umana. E sessuale in particolare. Quale che sia il destino del ddl Zan, la domanda resta: quale futuro può avere una società dove al principio di realtà si sostituisce quello di percezione? 
Luca Del Pozzo  
 

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