Tornelli e Venezia: un buon esempio di lotta all'insicurezza percepita

Al direttore - Quoto molto questa ipotesi, cioè un governo centrodestra-Pd anche senza… il Pd. Mi spiego. Considero Salvini assai più affidabile e lineare dell’armata Casaleggio e associati, fermo restando che non ne condivido le idee. Ma Salvini in seno alla coalizione di centrodestra sarà costretto a conciliarsi con gli altri due sodali. Il Pd potrebbe approvare alcuni provvedimenti, astenersi su altri e votare negativamente su quelli che ritiene totalmente contrari ai propri ideali. Insomma una opposizione morbida e senza astio.

Giovanni Raiti

 

E’ dura, ma, se Salvini fosse in grado di non fare più capricci, potrebbe essere l’unica soluzione per far nascere un governo. In Germania funziona così. Stesso schema e grandi progetti.

 

Al direttore - Primo Maggio, la Festa del lavoro. Per far si che sia una festa di tutti, il nuovo Parlamento e il nuovo Governo (che speriamo si possa insediare), hanno una grande responsabilità: rendere davvero il mercato del lavoro, dinamico e inclusivo, semplificando i canali di ingresso nel mercato del lavoro, in modo che possa essere rispettato quanto previsto dalla Costituzione. Nella nostra Carta, il lavoro occupa uno spazio di rilievo. L’art. 1 della Costituzione recita: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro. Va comunque specificato che “diritto al lavoro” (art. 4 Cost.) non implica una offerta di lavoro pubblico, bensì l’intervento dello stato per rimuovere gli ostacoli e promuovere le condizioni che consentano a chiunque di poter entrare nel mercato del lavoro. Allora per questa Festa, dobbiamo tornare allo spirito della Costituzione e mettere il lavoro come priorità. Quando c’è una emergenza, i partiti rivali devono saper trovare una tregua, con senso dello stato, e lavorare insieme come fecero i Padri costituenti che scrissero la Costituzione mentre l’ Italia usciva dalla guerra. Come italiani o si perde o si vince tutti insieme.

Andrea Zirilli

 

Sarebbe bello se la Festa del Primo Maggio diventasse l’occasione per riflettere una volta per tutte sulla ragione per cui i sindacati ormai fanno il gioco di chi promette assistenzialismo piuttosto che il gioco di chi promette di creare più lavoro. Un sindacato che si occupa solo di chi un lavoro già ce l’ha è un sindacato che piuttosto che fare gli interessi dei lavoratori farà sempre di più gli interessi dei suoi iscritti. E per capire la ragione per cui avere un sindacato che lotta solo per i suoi iscritti è un problema per l’Italia basta leggere alcuni dati interessanti offerti negli ultimi giorni dal Messaggero.

 

“Sono oltre 7 milioni i pensionati con tessera sindacale: 4 su 10 dei pensionati totali in Italia. 3 milioni nella Cgil, 2 milioni nella Cisl, 600 mila nella Uil. Nel caso della Cgil significa più di un iscritto su due, per la Cisl più di 2 su 5, per la Uil più di 1 su 5”.

 

Il Primo Maggio diventerà davvero la festa dei lavoratori solo quando il sindacato riuscirà a occuparsi di proteggere non solo i diritti acquisiti ma anche i diritti di chi dal sindacato non è rappresentato. E rappresentare solo i diritti dei propri iscritti, alla lunga, rischia di mandare letteralmente in pensione la nostra economia.

 

Al direttore - Marche, Friuli e poi chissà. Il successo del centrodestra andrebbe spartito col regista Paolo Sorrentino: da quando è uscito “Loro”, loro vincono sempre.

Jori Diego Cherubini

 

Il “Loro” di Sorrentino passerà alla storia non per essere un buon esempio di come si fa un film su Berlusconi ma per essere un buon esempio di come non si fanno i film.

 

Al direttore - Domenica sera abbiamo preso atto che c’è un leader e c’è ancora chi si occupa di politica. Per me è un buon punto di partenza. Intanto, mentre Renzi parlava di politica, i 5 stelle si occupavano della postura e dell’atteggiamento di Renzi. Questa è la differenza tra chi si occupa di politica e chi si occupa di comunicazione. Poi in FVG il primo partito è tornato al posto suo: tre.

Cordialmente.

Giovanni De Merulis

 

Al direttore - Regola numero uno, come direbbe Gibbs: “Quanto più una cosa sarebbe o è giusta per tutti, tanto più non la vuole nessuno”. Why? Perché ci perderebbero tutti. Nel paese dei balocchi, poi.

Moreno Lupi

 

Al direttore - Caro Cerasa, i problemi del nostro paese sono iniziati un quattro dicembre e si sono seriamente aggravati un quattro di marzo. La si prenda come si vuole, ma la verità è una soltanto: l’Italia ha una maggioranza populista-sovranista e questo comporta in ogni caso governi monstre. Speriamo nella Quinta Repubblica, auspicata dal Foglio ed anche da me.

Lorenzo Lodigiani

 

Al direttore - Ho visto che siete stati a Venezia, per il vostro Foglio Tech Festival. Ma questi tornelli, sono così orrendi?

Luca Martini

 

Quella dei tornelli è una storia da pazzi. Ho letto ieri il dotto Tomaso Montanari su Repubblica che ha scritto, testuale, che “sui tornelli di Venezia hanno ragione i no-global del centro sociale Morion. Hanno ragione quando dicono che non c’è bisogno di cancelli, ma di case”. La storia dei tornelli ci dice molto su come si costruiscono le fake news e su come si alimenta l’insicurezza percepita. Problema numero: è vero o no che a Venezia ci sono tornelli che “bloccano” l’afflusso dei turisti? E’ falso. Basta farsi due passi a Venezia. Basta capire come funzionano i tornelli. Non servono a manganellare i turisti. Servono a deviare di qualche metro il percorso dei turisti nei momenti di afflusso imponente. Nessun blocco, nessun lager, nessun autoritarismo. Solo una passeggiata più lunga. Problema numero due: perché i tornelli stanno facendo così tanto discutere? Perché nel contesto storico in cui viviamo oggi governare il proprio territorio è un qualcosa che spesso è percepito come se fosse una ferita alla libera circolazione delle persone e perché sempre più spesso su questi temi la politica dell’anarchia è sempre più considerata come se fosse la vera e unica alternativa alla presenza di un’istituzione desiderosa di far rispettare le gerarchie. A Venezia, basta parlare con qualche commerciante per rendersene conto, per ragioni varie chi abita in Laguna non si sente al sicuro rispetto all’idea che sia impossibile mettere ordine all’afflusso dei turisti (20 milioni all’anno). E quando vi è un popolo che ha paura, per quanto la paura possa essere sbagliata, bisogna scegliere cosa fare con quella insicurezza percepita. La prima strada – modello Saviano-Montanari – è negarla. La seconda strada – modello Salvini – è soffiare su quelle paure per raccogliere voti. La terza strada è quella di giocare con la percezione dando delle risposte che nella realtà magari non cambiano nulla, magari i turisti neppure vengono fermati, ma che nella pratica aiutano a tranquillizzare le persone spaventate. La terza strada, nel nostro piccolo, ci sembra la più azzeccata. Lo è per molte ragioni. Ma prima di tutto per dimostrare che il disordine non è la nuova e inevitabile frontiera di una democrazia aperta. In fondo è facile, no?

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