Il sud e le domande che non si fanno. Capalbio e il populismo

Al direttore - L’articolo di Siegmund Ginzberg “Diamogli il governo tanto con il 30 per cento non va da nessuna parte. Così Hitler prese il potere senza avere la maggioranza” apparso sul Foglio del 22 marzo illustra magistralmente la catena di eventi che portarono all’ascesa al potere del Führer il 30 gennaio 1933. Sarebbe ovviamente sbagliato dire che l’Italia è oggi di fronte a uno scenario simile. Ma mutatis mutandis le analogie di processo con l’odierna situazione politica italiana devono far riflettere. E capisco che a Ginzberg abbiano tolto il sonno. Un po’ lo tolgono anche a me. Heinrich August Winkler, il maggiore storico tedesco, illustra nella sua monumentale storia della Germania come “la nomina di Hitler a cancelliere non fu (come molti pensano ndr) la conseguenza inevitabile della crisi dello stato tedesco, iniziata con la rottura della Grande Coalizione… non fu né un risultato forzato del precedente sviluppo politico, né un caso. Il sostegno popolare di Hitler rese possibile la sua nomina ma fu solo per volontà di Hindenburg e dell’ambiente che questi rappresentava che Hitler divenne cancelliere”.

Marco Cecchini

 

Grazie al cielo lo scenario non è simile e siamo sicuri che gli intenti anti democratici del Movimento 5 stelle saranno presto diluiti nella vasca del principio di realtà. Per il momento è un ottimo inizio che il nuovo presidente della Camera, il neomelodico Roberto Fico, sia diventato la terza carica dello stato dopo aver firmato, nell’indifferenza generale, un contratto anti costituzionale che sottomette il Parlamento alle volontà del capo di una Srl privata.

 


 

Al direttore - Il fulminante editoriale del Foglio sulla web tax europea merita due approfondimenti. In primo luogo, ha certo senso chiedersi come faccia il fronte del No (Irlanda, Lussemburgo, Olanda, Malta e Cipro) a risultare fiscalmente appetibile dalle multinazionali digitali e avere ottimi sistemi di welfare. Ma ogni domanda esige una risposta. La mia è che la piccola Irlanda – al pari degli stati-colleghi in elusione – ha un chiaro interesse fiscale a ospitare Google & C. a tassazione zero sui redditi d’impresa in cambio delle imposte sui redditi da lavoro e sui consumi dei 5 mila dipendenti che la multinazionale californiana ha piazzato a Dublino per fatturare da lì ai clienti basati nei paesi europei, nordafricani e mediorientali facendo secco il fisco dei paesi maggiori. Senza il privilegio fiscale del Double Irish, Google assumerebbe non più di 15-20 persone a Dublino, quanto basta per servire una popolazione di 4 milioni di anime (in Italia ha circa 200 addetti per 60 milioni di abitanti) e dunque l’Irlanda incasserebbe imposte su un reddito d’impresa risibile e imposte sui redditi da lavoro lavoro altrettanto risibili… Può l’Italia inseguire un’Irlanda? Possono farlo Germania, Francia, Spagna e Regno Unito? La demografia dice di no. Questo dato di fatto mi pare più forte della eventuale maggior efficienza di alcuni paradisi fiscali. Del resto, siamo sicuri che Cipro sia meglio della Germania o del Regno Unito nella gestione del bilancio pubblico rispetto alle esigenze dei propri cittadini? In secondo luogo, fa bene la Ue, seguendo l’impostazione dell’Italia, a colpire i ricavi degli Over the top e non solo ad aggiornare il concetto di stabile organizzazione che, come al Foglio non sfugge, è una partita dall’esito incertissimo perché l’Ocse è bloccato dagli Usa e dalla Cina, gli Stati che hanno le maggiori piattaforme digitali e ne difendono la libertà e la licenza considerandoli i propri campioni nazionali. Anche la stabile organizzazione virtuale, senza un’adeguata Consolidate corporate tax base, rende meno del minimo sindacale al fisco. D’altra parte, lei mi insegna che le imposte indirette esistono da sempre. E i riformisti pro impresa le preferiscono alle imposte sui redditi. Possono le imposte indirette venir scaricate sui prezzi finali? Sì, se vige un sistema di monopolio. Nì, se c’è concorrenza. Ma allora è proprio della natura monopolistica degli Over the top che dovremmo cominciare finalmente a trattare. E non solo per ragioni fiscali. In ogni caso mi chiedo perché alzare il sopracciglio se si tassano i ricavi di Google e non alzarlo se si tassano quelli di Campari o di Shell? Tenendo presenti questi dati di fatto, la presa di posizione del ministro Calenda e del sottoscritto sulla web tax europea risulterà forse più comprensibile.Grazie per l’ospitalità e un cordiale saluto.

Massimo Mucchetti

 


 

Al direttore - Strepitoso il pezzo di sabato scorso su Capalbio. Sono esattamente 22 anni che passo del tempo da quelle parti e non c’è stato un anno che io non abbia ricevuto una telefonata da qualche giornalista zuzzerellone per interrogarmi sull’ultima vicenda riguardante il borgo toscano. Mi è sempre toccato precisare che io la casa ce la ho a Manciano, tutt’altra storia, ma inutilmente. Il pezzo che poi il giornalista avrebbe scritto lo avrei potuto scrivere io al buio. Che si parlasse di strade, di cinghiali, di immigrati, di libri, di fiumi, di colline o di vino il contenuto sarebbe stato sempre lo stesso. “A Capalbio ci stanno gli intellettuali di sinistra che guardano il mondo con la puzza sotto il naso”. Di solito accanto a un pezzo sui locali di Briatore dove invece, sempre secondo il giornalista collettivo, ci vanno i cafoni arricchiti. Ho cercato più volte di deviare i colleghi su Giuliano Ferrara, che abita a Scanzano, che sta da quelle parti, ma credo che l’Elefantino li abbia mandati tutti a quel paese con l’autorevolezza che gli appartiene. Ora la storia dovrebbe essere finita, si spera. E forse qualcuno si accorgerà finalmente che la Maremma qui attorno è uno dei posti più belli d’Italia. 

Chicco Testa

 

4 marzo 2018. Al Senato il primo partito alle politiche 2018 è stato la Lega, con il 24,75 per cento dei consensi, mentre alla Camera la lista più votata è stata quella del M5s, con il 25,13 per cento. Slurp.

 


 

Al direttore - Quanti hanno una vita lunga come la mia ricordano che, per decenni, l’egemonia democristiana sul Mezzogiorno veniva spiegata da una corale rappresentazione politica, letteraria, cinematografica e (da un certo punto in poi) giudiziaria, con la diffusione del clientelismo e, addirittura, grazie alla connivenza con le organizzazioni malavitose. In talune circostanze in cui il Psi ottenne più voti del solito si disse che la mafia aveva cambiato indirizzo. Poi, l’avvento di Silvio Berlusconi e di Forza Italia nonché  i loro successi elettorali nel sud sono stati costellati da un contesto di accuse per  concorso esterno ad associazione mafiosa come se le mafie avessero deciso di scendere direttamente in campo attraverso quella formazione politica. Addirittura è capitato anche a qualche esponente del Pd di incappare nella trappola del voto di scambio. Che dire, allora, del trionfo grillino? Si vede che le associazioni criminali, il 4 marzo, stavano in ferie e che Roberto Saviano era disattento.

Giuliano Cazzola

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