I pirati della rete non sono solo gli hacker. Zingaretti risponde a Parisi

Al direttore - Attacco hacker per scoprire il numero fisso di Renzi da sindaco di Firenze. Col prossimo attacco potrebbero scaricare il programma del Pd.

Giuseppe De Filippi

 

Gli hacker ma anche gli haters. Quando i giornali avranno finito di parlare dei pirati della rete suggeriamo di concentrarci per qualche istante sui veri vandali della rete che sognano di piratare non il sito del Pd ma la nostra democrazia.

 

Al direttore - In merito alle dichiarazioni del signor Stefano Parisi sull’autostrada Roma-Latina (“Ma anche Zingaretti con Grasso, ha deciso che non si costruirà la Roma-Latina”) l’ufficio stampa della regione Lazio precisa che si tratta di dichiarazioni false e prive di ogni aderenza alla realtà. Con il finanziamento di 480 milioni di euro confermato dal Cipe, l’affidamento dell’appalto per la costruzione e gestione dell’autostrada è attualmente oggetto di giudizio di fronte al giudice amministrativo su istanza di una delle società che avevano partecipato alla gara. La regione ha affrontato, sempre vincendoli, decine di questi contenziosi, proprio per garantire l’esecuzione dell’opera. Per quanto riguarda l’ingresso dell’infrastruttura nella capitale, si stanno studiando soluzioni a minor impatto ambientale, che però non influiscono in alcun modo sulla realizzazione dell’infrastruttura. Risultano invece assolutamente condivisibili le dichiarazioni del signor Parisi riguardo al tema dei pendolari (“Abbiamo bisogno di investimenti. Questa è una regione a vocazione turistica”). Talmente condivise che durante i 5 anni di amministrazione Zingaretti sono stati rinnovati l’83 per cento dei treni per i pendolari, la loro regolarità è del 98,9 per cento (dato Trenitalia di gennaio 2018 riferito al 2017) ed è stata fatta arrivare l’Alta velocità all’Aeroporto di Fiumicino.

Ufficio Stampa Regione Lazio

 

Al direttore - Ammetto di essere rimasto sorpreso nel ritrovarmi citato – nell’articolo di Giovanni Maddalena di sabato sulla “fine degli esperti” – come esempio della nuova tendenza a essere “tutti medici, professori, allenatori, politici” Non proprio una bella compagnia per chi, come me, fa della centralità della scienza e del metodo scientifico il cuore del proprio impegno politico con l’Associazione Luca Coscioni. La posizione che mi piazzerebbe tra coloro che pretendono di “fare a meno degli esperti” è così riportata da un mio intervento radiofonico: “Cappato spiega che la legge (sul biotestamento) non indebolisce la cosiddetta alleanza terapeutica ma impedisce che i medici possano praticare delle cure ‘contro la volontà del paziente’”. Maddalena argomenta che “la pura autodeterminazione” alla base della mia concezione, “richiede di togliere gli intermediari esperti”, cioè in questo caso i medici. Allargando il campo, Maddalena richiama l’abitudine in voga di contestare l’autorità medico-scientifica nei campi più disparati, ad esempio sui vaccini. Mi permetto di obiettare sulla pertinenza del nesso. Nel caso della legge sull’interruzione delle terapie non stiamo parlando di cure che il medico propone perché le ritiene utili e che il paziente rifiuta perché le ritiene inefficaci. La legge (e la mia frase riportata) riguarda invece terapie incontestabilmente efficacissime, anzi “salvavita” (un esempio su tutti: la nutrizione e idratazione artificiali) che il paziente rifiuta non perché le ritenga inefficaci, ma semplicemente non ne può più di vivere in quelle condizioni. Nessuna delle persone i cui casi pubblici hanno portato all’approvazione della legge – da Welby a Fabo, passando per Englaro, Piludu e tanti altri – ha mai contestato l’efficacia delle cure alle quali il paziente era sottoposto, anzi! Non c’è dubbio alcuno che la conoscenza sia il bene più prezioso per esercitare responsabilmente la propria libertà, e che il ruolo degli “esperti” debba essere difeso dalla minaccia di ciarlatani, manipolatori e anche improvvisatori autodidatti. Non vedo però come la coercizione possa essere la strada giusta per ottenere tale risultato, attribuendo a degli “esperti” il potere di imporre le proprie decisioni sulla pelle altrui. Se vogliamo parlare di “esperti”, inviterei a considerare che i nostri costituenti – quando scrissero “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” – erano forse diventati, dopo il Ventennio fascista, un po’ “esperti” anche loro. Viva gli esperti, dunque, e viva l’autodeterminazione.

Marco Cappato

 

Al direttore - In un editorialino pubblicato sul Foglio del 6 febbraio, commentando l’intervento di Mario Draghi nell’Europarlamento, nel quale ha confermato, ancora una volta, la linea su Quantitative easing e tassi di interesse, viene osservato come il presidente della Bce sia il più forte, il più operativo e il più riconoscibile rispetto a coloro che sono ai vertici delle principali istituzioni comunitarie. Non metto in dubbio l’opera fondamentale di Draghi per la salvezza, prima, della moneta unica e, poi, per il conseguimento, ancora non ottenuto, della stabilità monetaria, entrambi vincoli giuridicamente cogenti per chi governa la Bce. Da quest’opera è derivato anche un indiretto contributo al rilancio dell’economia. Un discorso tutt’altro  che esaltante riguarda, invece, la Vigilanza bancaria unica nella quale non è vero – come spesso viene ripetuto sulla base di imbeccate provenienti da Francoforte – che il Consiglio direttivo della Bce, con il suo presidente, non abbia competenze al riguardo, innanzitutto disponendo del potere di bloccare le decisioni del Supervisory board che molto spesso ha assunto iniziative soggette a critiche e, comunque, presenta un agire in maniera inadeguata, bisognoso di drastiche correzioni. Ma, al di là di tutto ciò, un governatore di una Banca centrale che l’editorialino descrive come un “deus ex machina” non solo del governo della moneta, ma anche della politica economica “tout court”, accanto ai commenti soddisfatti, dovrebbe suscitare anche la forte preoccupazione per l’azione di supplenza che egli verrebbe così a svolgere per sopperire, volutamente o no, alle carenze altrui, che, invece, dovrebbero essere oggetto di valutazioni critiche. Un governatore prometeico può essere fondamentale nello “stato di eccezione”, ma dopo sono le altre istituzioni che debbono fare le propria parte che è quella, del resto, nettamente prevalente. La surroga segnala le gravi inadempienze altrui che non possono di certo considerarsi fisiologiche. Con i più cordiali saluti.

Angelo De Mattia

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