Avventure di Di Maio e competenza grillina. Lettera rincuorante da Siena

Al direttore - Di Maio e l’ammiraglio. Quindi non è solo Renzi a non ricandidare gli eletti Pd.

Giuseppe De Filippi

 

Un movimento nato per sostituire la democrazia rappresentativa che non sa tenere in vita un albero di Natale, che non sa organizzare una votazione online e che non sa cercare nemmeno i nomi dei suoi candidati su Google. Non fermatevi, vi prego.

 


 

Al direttore - “Finché sarò segretario io non se ne parla’’: così Matteo Renzi (in un servizio del Corriere di domenica a firma di Maria Teresa Meli) con riferimento a una possibile candidatura di Antonio Di Pietro nelle liste del Pd. Meriterebbe di essere votato solo per questo.

Giuliano Cazzola

 


 

Al direttore - Si continua a parlare di #MeToo, ma nessuno, mi pare, ha ricordato che quella locuzione è presa paro paro dalla consulenza aziendale. Indica la strategia di insidiare la posizione migliore con un’offerta identica: a minor prezzo.

Franco Debenedetti

 


 

Al direttore - In un articolo del 25 gennaio scorso (di cui con ritardo sono venuto a conoscenza), David Allegranti dipinge l’Università di Siena come sede di un covo di estremisti antieuro, incapace dunque di contribuire positivamente al dibattito sulla moneta unica. Lo studio dell’economia a Siena è noto a livello internazionale come scientificamente aperto, e vede al suo interno una varietà di posizioni che si confrontano continuamente, nei corridoi, nei seminari specialistici e nelle occasioni pubbliche. Tutte queste posizioni sono sempre state improntate al pluralismo, e se eccezioni vi sono state è per scelta degli studenti che le hanno organizzate (in una recente ho pubblicamente deprecato la loro scelta di interlocutori solo “di parte”). Per ciò che riguarda il sottoscritto, non mi offendo se mi si taccia di “estremista”. Il mondo è andato così a destra che un “socialdemocratico di sinistra” come me, risulta ora un pericoloso estremista. Si parva licet, il mio destino rammenta la “solitudine del riformista” di ben più noti economisti. I miei insegnamenti sono caratterizzati dal pluralismo, sebbene non nasconda mai le mie opinioni, e dall’aggiornamento continuo. Il prossimo marzo sono per esempio invitato a discutere di politica monetaria alla Banca centrale austriaca con alcuni fra i più eccellenti economisti monetari europei. Nel passaggio estrapolato da Allegranti da Facebook, ho formulato il mio personale augurio di successo alla candidatura di Alberto Bagnai, come intendo fare nei confronti di Stefano Fassina, senza che questo implichi sostegno alcuno alle rispettive liste elettorali. Che da questo si estrapoli un appoggio ad altri nella contesa senese è un’illazione gratuita e anche grave. Mi permetta inoltre di notare come sia spiacevole che le affermazioni di Allegranti sulla Facoltà, che comunque non esiste più da oltre 5 anni e che non è stata fondata da Richard Goodwin al quale era soltanto intitolata, siano basate su una fonte anonima. Infine, l’articolista mi presenta come firma del Fatto, ma dovrebbe ricordare che quando il Foglio era “euroscettico” vi ho spesso pubblicato. La mia sede naturale sarebbe il manifesto, ma oggi come allora lì non v’è pluralismo (del resto se vi fosse forse Bagnai non avrebbe fatto certe scelte). Ricordo ancora con gusto quando, nel 2011, Giuliano Ferrara mi attribuì un premio (virtuale) per la migliore frase dell’anno a proposito di un articolo sull’Unità in cui argomentavo che la crisi degli spread non era colpa di Berlusconi, ma del mancato intervento della Bce, una tesi che oggi la maggior parte degli economisti internazionali sottoscriverebbe in pieno. Anche allora da sinistra ne subii di tutti i colori. Il destino di pensare con la testa propria? Con viva cordialità.

Sergio Cesaratto, Professore ordinario di Politica monetaria europea e di Economia internazionale, Università di Siena

 

Siamo rincuorati. Viva Siena!

 


 

Al direttore - A proposito della cosiddetta Trattativa, assodata la faziosità dichiarata delle toghe per loro stessa ammissione in quanto si proclamano aderenti a concezioni ideologiche contrastanti e di parte del “bene comune” e della legalità, ne consegue che tutte le toghe sono implicitamente potenzialmente ricusabili. C’è qualcuno in grado di dimostrare che questa è esattamente la magistratura prevista dalla Costituzione?

Romano Bergamaschi

 


 

Al direttore - Da giorni si discute solo di liste, assistiamo a psicodrammi nel Pd, ad affaticamenti berlusconiani causati dalla fila dei questuanti e alle solite pantomime degli esclusi. Io penso sia una perdita di tempo andare a guardare chi c’è e chi non c’è, scandalizzandosi per questa o quella presenza anomala o poco in linea con i nostri ideali politici. In primo luogo perché a memoria d’uomo non si ricordano liste “perfette” fatte solo di purissimi rappresentanti della cosiddetta politica seria e integerrima (e anche un po’ noiosa, diciamolo), e poi perché saranno davvero pochi – ritengo – gli italiani che prima di andare a barrare il simbolo sulla scheda vorranno documentarsi sul curriculum del candidato. Non siamo – ahimé – né negli Stati Uniti né in Gran Bretagna, dove regna in modo assoluto il rapporto tra elettore ed eletto. Spero ci arriveremo anche noi, quando si dovrà mandare in soffitta il Rosatellum e pensare alla nuova legge elettorale. Dopotutto l’ha detto anche Giorgio Napolitano, no?

Ottavio De Mazzis

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