Le fake news utili di "Maigret"

Mariarosa Mancuso

Nella nuova serie tv ispirata al commissario francese è la polizia a dare false notizie ai giornali, che ci cascano e le pubblicano

“Hai le foto? Portale di corsa al giornale”. Quando i giornalisti consumavano le suole delle scarpe – e si facevano venire le vene varicose in piedi ad aspettare davanti alla stazione di polizia – officiava il commissario Maigret. Una collezione di pipe, una moglie alsaziana che gli preparava le andouillette (o altri manicaretti a base di interiora, accompagnati da generose spalmate di burro sulla baguette). Il modello del tranquillo investigatore esente da nevrosi, protagonista di 75 romanzi e 28 racconti firmati Georges Simenon. All’epoca, considerato scrittore di “roman de gare”, i libri che si comprano alla stazione e si lasciano sul treno dopo la lettura. Oggi nel catalogo Adelphi, come si conviene a un gigante del Novecento.

   

Serve per segnare l’epoca, e far scendere la lacrime di nostalgia davanti al Maigret televisivo e tutto britannico prodotto da ITV. Sta per Independent TV, dal 1960 trasmette la soap “Coronation Street”, ha internazionalmente svoltato con “Downton Abbey”, tenta di far concorrenza a “The Crown” made in Netflix con una serie sulla regina Vittoria. (Per gli spettatori italiani, “Victoria” sarà su Canale 5 dalla prossima domenica, “Maigret” si vede su LaEffe, dal 15 dicembre scorso).

  

Quattro puntate lunghe come un film, girate a Budapest truccata da Parigi anni Cinquanta (vediamo subito un gargoyle di Notre-Dame e sullo sfondo la Tour Eiffel). Primo piano sulle pipe, entra in scena Rowan Atkinson con la giacca del commissario Maigret. Ben attento a non lasciarsi scappare neanche una faccetta alla Mr Bean, la serie comica che ha reso famoso l’attore (e il suo orsacchiotto lavorato a maglia con la lana marroncina). Neppure incespica nello “spiritoso santo”, come il prete amico di famiglia “alla sua prima cerimonia” in “Quattro matrimoni e un funerale” di Mike Newell.

    

Gli inglesi tolgono di mezzo subito le andouillette, agli sceneggiatori – con il beneplacito di John Simenon che cura l’eredità del padre e figura tra i produttori della serie – la cucina di madame Margret è sembrata trascurabile. (Anche l’abito da casa della signora scivola pericolosamente verso la vestaglietta fiorata da casalinga britannica di guerra). E non aspettatevi il giro di vite imposto da Mark Gatiss e Steven Moffat allo Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle, trasferito nel nostro secolo con tanto di messaggini per sbeffeggiare Scotland Yard.

    

Non era questa l’intenzione. Qui il commissario Maigret e i suoi (mentre il ministro dell’Interno minaccia sfracelli) aspettano “che la stampa abbocchi”. Hanno preso un collega, lo hanno fatto scendere da una macchina e trascinato con il volto coperto su per le scale di Quai des Orfèvres. Fingono che sia l’assassino, per avere i titoloni sui giornali e indurre il vero omicida a uccidere ancora, fanno da esca donne poliziotto brune a Montmartre. Sono i poliziotti a mettere in giro le fake news, però a fin di bene. E i direttori di giornali chiedono paralleli con Jack lo Squartatore (le vittime sono cinque, tutte giravano sole la sera, l’ultima per comprare le medicine al bambino malato).

   

Sigmund Freud fa capolino, prima a parole e poi con le fattezze di una terribile mamma. Non consumerete troppe cellule grigie a trovare la soluzione prima del detective (siamo abituati a serie televisive più veloci e complicate, mentre i romanzi di Maigret continuano a reggere benissimo). I piaceri son più sul versante Downton Abbey. Per esempio nel lussuoso bottone lasciato sul luogo del delitto e sulla stoffa inglese che fa subito serial killer.

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