Un "santino" per i magistrati della corrente dei "passionisti"

Alberto Brambilla
Ai giudici innamorati delle proprie idee farebbe comodo conservare un'immaginetta da scaricare per tenerla a portata di mano (in automobile, sul frigorifero, in bagno o sul telefonino)

Roma. Al fianco di una stragrande maggioranza di pubblici ministeri sostanzialmente legati all'ordinaria amministrazione cresce una corrente di magistrati sempre più catturata da una punta di zelo o da una nobile causa o da una verità così lontana da non potere essere dimostrata. Così La Linea Sottile ha descritto la corrente dei magistrati "passionisti", giudici che si affannano per dimostrare teorie improbabili o indagare presunte responsabilità politiche col risultato di avere accumulato faldoni in quantità, sentito teste a iosa, nella presunzione di dimostrare un teorema anche dopo la definitiva aggressione della realtà. L'ultimo caso è quello del procuratore Francantonio Granero: i presupposti della sua indagine sulla Tirreno Power di Vado Ligure sono stati smentiti, intanto l'azienda è morta.

 

A questi pubblici funzionari fedeli alle proprie idee forse farebbe comodo riprendere il libro “Rapporti tra Pubblico ministero, polizia giudiziaria e difensore nelle indagini preliminari” del magistrato Adelchi D’Ippolito, ora sostituto alla procura di Venezia, scritto con Roberto Pisaniello e pubblicato da Giuffré nel 2013. L’autore, già in forza come pubblico ministero della procura di Roma e già vicecapo dell’Ufficio legislativo del ministero dell’Economia e Finanze con Giulio Tremonti, spiega molto bene che il Codice di procedura penale assegna al pubblico ministero il ruolo di direzione (e di responsabilità) dell’indagine. Ecco un passaggio così come riportato in un articolo dello Specchio economico (qui il pdf).

 

“Il pubblico ministero bravo non è testardo, non si accanisce, valuta le decisioni alla luce delle indagini, è capace di lasciare una pista non sostenuta dai risultati investigativi; deve confrontare la propria ipotesi investigativa con le risultanze; se esse non la confermano ed anzi la smentiscono deve sapere fare un passo indietro”.

 

Qualunque funzionario di Giustizia si sentisse a rischio "passionismo" può  scaricare il memento di D'Ippolito, l'immagine a sinistra, per tenerlo a portata di mano (in automobile, sul frigorifero, in bagno o sul telefonino) e rileggerlo ogni volta sentisse la pulsione a esercitare una missione anziché una professione come dovrebbe. La preghiera del bravo magistrato.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.