La domanda che non faccio sul crollo del Lungarno a Firenze

Pietrangelo Buttafuoco
Mi affido a don Iacopo Belizzi di San Lorenzo e lui, in quel di Firenze, mi aggiorna sui fatti e sugli umori conseguenti della città che tanto significa nei nostri giorni.

Mi affido a don Iacopo Belizzi di San Lorenzo e lui, in quel di Firenze, mi aggiorna sui fatti e sugli umori conseguenti della città che tanto significa nei nostri giorni. Dopo le zecche agli Uffizi, dunque, ecco il crollo di Lungarno Torrigiani di fronte al bellissimo Palazzo Capponi. Accadeva nella notte dell’altr’ieri, le immagini arrivano l’indomani e intorno allo sfasciarsi dell’argine dove s’adagiavano le auto pargheggiate, si accende la sarabanda delle autorità.

 

Vorrei chiedere lumi all’amico: è il fiume che corrode financo l’asfalto o è la mancata manutenzione delle tubature, quelle di Publiacqua spa, azienda che tanto significa nei nostri giorni così renziani ad aver provocato il danno? Ecco, vorrei chiedere ma non lo faccio. Osservo i filmati e le foto e torno con la memoria alla scena di Giampilieri, a Messina, nell’ottobre del 2009, la piena che si porta via le case abusive costruite sul greto del fiume. Come a Messina, anche a Firenze, dopo l’alluvione, ai cittadini non arriva l’acqua. Restano i crolli.

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  • Nato a Catania – originario di Leonforte e di Nissoria – è di Agira. Scrive per il Foglio.