Che cos'è il pensiero dominante e perché ne abbiamo bisogno

Da oggi in edicola con Il Foglio il nuovo inserto curato da Mattia Ferraresi. Una fogliata di idee sotto gli auspici di Giacomo Leopardi

Il pensiero dominante è un tentativo minuscolo che si prefigge uno scopo eccessivo: scavare nel provvisorio alla ricerca del definitivo. O almeno di qualche suo vago indizio. Ogni martedì si darà spazio a un tema di inattualità tentando di stanare le idee che se ne stanno quatte quatte sotto la superficie mobile dei fenomeni. Si tratterà di politica, cultura, filosofia, storia, scienze umane, letteratura, ma anche di parole, sentimenti, concetti, astrazioni, polemiche e cazzeggi, sempre orientati alla ricerca di una qualche universalitatem in rebus. Seguendo le indicazioni del direttore irresponsabile della testata, Giacomo Leopardi, si svolazzerà fra “la terrena stanza” e “l’alte vie dell’universo intero”. Possibilmente senza farsi male. Lo sforzo sarà alimentato da quell’oncia di pregiudizio che sorregge ogni ragionevole ricerca. Il pensiero che domina l'esordio di oggi (se volete potete leggerlo qui) è l’abolizione del carcere, idea anarcoide e impraticabile che ha preso piede nelle stanze meglio arredate della politica e dell’accademia americana. È un dibattito fra teorie competitive della giustizia, collegato – in modo quasi invisibile – a una disputa secolare sulla natura del male e sulla liceità morale e necessità sociale di punire chi lo commette con la reclusione. Rendere visibile questo collegamento è il proposito dell’articolo che trovate qui sotto. Per aggiungere un elemento di riflessione abbiamo pubblicato anche il dialogo fra il diavolo e un prete che Fëdor Dostoevskij ha scritto sul muro della cella in cui era rinchiuso nel 1849, sospeso fra le immagini di un inferno nell’aldilà e l’inferno già in atto nell’aldiquà.

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