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Un foglio internazionale

Senza un progetto politico, non si può allargare il perimetro dell'Europa

L’imbarbarimento del mondo e la proliferazione della violenza impongono di ripensare l’Unione, dice Nicolas Baverez 

L’Europa è in prima linea dinanzi allo stravolgimento della storia provocato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. La guerra è di ritorno sul continente europeo, una guerra di alta intensità in Ucraina, ibrida contro l’Unione Europea. La globalizzazione scoppia. L’inflazione è tornata e i tassi di interesse volano. In questa nuova configurazione multipolare, volatile e violenta, l’Europa scopre di essere molto vulnerabile. Subisce le pesanti conseguenze della sua dipendenza alla Russia in materia di idrocarburi, dalla Cina per i beni essenziali e le energie rinnovabili, e dagli Stati Uniti per la tecnologia, la sicurezza e il gas naturale liquefatto.

Il suo investimento insufficiente in materia di difesa la lascia disarmata di fronte alla minaccia esistenziale rappresentata dalla Russia e la pone interamente nelle mani degli Stati Uniti attraverso la Nato, che potrebbe non sopravvivere a un secondo mandato di Donald Trump. La sua industria è intrappolata tra il protezionismo dell’Ira, (Inflation Reduction Act, la legge da 738 miliardi di dollari approvata a metà agosto 2022 dal presidente americano Joe Biden, ndr) e il dumping di Pechino per rilanciare le sue esportazioni industriali. Infine, l’Europa è il continente più colpito dal riscaldamento globale. Simultaneamente, il processo decisionale dell’Unione appare molto pesante, lento e inadatto alla gestione delle crisi che si moltiplicano e si incrociano, dalla pandemia di Covid alla guerra in Ucraina, passando per gli choc energetici e alimentari, il ritorno della “stagflazione” o le ondate migratorie. E questo nonostante ci siano stati dei progressi e la Commissione europea abbia dato prova di reattività e di efficacia nell’approvvigionamento e distribuzione dei vaccini contro il Covid, nell’aiuto all’Ucraina che ha mobilitato 62 miliardi di euro, nell’applicazione delle sanzioni contro la Russia o di misure anti dumping nei confronti delle auto elettriche cinesi per evitare un disastro industriale persino peggiore di quello dei pannelli solari.

 

L’Unione non ha altra scelta che quella di adattarsi alla nuova situazione mondiale, per non perdere il controllo del suo destino ed essere condannata al rango di oggetto della rivalità tra i giganti del Ventunesimo secolo. L’Unione deve ripensare i suoi princìpi, reintegrando gli imperativi di sovranità e di sicurezza, il suo perimetro, la sua governance e le sue politiche. Deve farlo rapidamente, tenuto conto della gravità dei rischi che pesano su di lei. In ragione dello sbalzo della guerra in Ucraina e della volontà di manifestare il sostegno a Kyiv, l’allargamento si è imposto come il filo conduttore della reinvenzione dell’Unione. Così, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo discorso sullo stato dell’Unione pronunciato il 13 settembre, si è espressa a favore di un allargamento a 35 paesi all’orizzonte 2030 e ha annunciato che la Commissione avrebbe lanciato un lavoro di riesame delle politiche e di riflessione sul bilancio. Simultaneamente un gruppo franco-tedesco composto da dodici esperti ha reso pubbliche le conclusioni di un rapporto sull’allargamento intitolato “Naviguer en haute mer” che fissa quattro priorità: il rafforzamento dello stato di diritto attraverso delle sanzioni rafforzate in caso di infrazioni; la riforma delle istituzioni con l’estensione dei poteri del Parlamento e l’unificazione dei modi di scrutinio, il rafforzamento della Commissione, la riorganizzazione del Consiglio attorno a un quintetto; l’aumento e la flessibilità del bilancio; la realizzazione dell’allargamento attraverso una revisione semplificata o un trattato specifico nel caso in cui la modifica dei trattati attuali si rivelasse troppo difficile. 

Queste procedure hanno in comune il fatto di rendere l’allargamento dell’Unione qualcosa di fine a sé stesso, senza mai porre la questione del suo progetto politico né della sua articolazione con le nazioni e i popoli. L’imbarbarimento del mondo e la proliferazione della violenza impongono di ripensare l’Unione in termini di sovranità e di sicurezza economica, sanitaria, climatica e militare, dunque di comunità di destino. Tuttavia, questa comunità di destino non ha nulla di scontato come ricordano la prossimità della “democrazia illiberale” ungherese con la Russia di Vladimir Putin o la sospensione delle forniture d’armi all’Ucraina da parte della Polonia. Essa presuppone in ogni caso che i cittadini possano pronunciarsi sul fatto di sapere ciò che vogliono fare e con chi.

Nicolas Baverez è saggista e editorialista del Point. Il suo ultimo libro si intitola “Démocraties contre empires autoritaires: la liberté est un combat” (Éditions de l’Observatoire). 

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