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UN FOGLIO INTERNAZIONALE

La guerra in Ucraina, tre isole contese e il gioco di sponda della Russia

I due partner fondamentali di Mosca sono l’Iran, per la consegna dei droni, e gli Emirati arabi uniti, per l’aggiramento delle sanzioni, scrive il Monde

Ben poche persone potrebbero localizzare sulla mappa del medio oriente le tre isole di Abu Musa, Grande Tunb e Piccola Tunb. Sono tuttavia al centro di un braccio di ferro diplomatico tra Iran ed Emirati arabi uniti, che ne rivendicano la sovranità dal 1971. In quell’anno, lo scià d’Iran aveva ordinato al suo esercito di occupare le tre isole, strategicamente situate all’entrata del golfo Persico. L’atto di forza era arrivato due giorni prima della proclamazione dell’indipendenza degli Emirati, fino a quel momento sotto il protettorato britannico. Quando è stato rovesciato lo scià nel 1979, da parte dell’ayatollah Khomeini, la Repubblica islamica dell’Iran ha accentuato il suo controllo sulle tre isole, fortificate militarmente, con la presenza dell’esercito e dei guardiani della rivoluzione. Ma gli Emirati arabi uniti hanno continuato a difendere i loro diritti su queste isole, ricevendo di recente il sostegno insperato della Russia, che ha un grande dipendenza dai droni iraniani nel quadro della sua aggressione contro l’Ucraina.

 


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A luglio, Mosca ha accolto un “dialogo strategico” con il Consiglio di cooperazione del Golfo, al termine del quale la Russia ha fatto propria “l’iniziativa degli Emirati arabi uniti e i loro sforzi per giungere a una soluzione pacifica” del contenzioso su Abu Musa, Grande Tunb e Piccola Tunb. La Repubblica islamica ha espresso pubblicamente la sua irritazione nel vedere in questo modo contestata la sovranità dell’Iran sulle tre isole. L’ambasciatore russo a Teheran è stato convocato dal ministero degli Esteri, che ha chiesto a Mosca di “correggere la sua posizione”. La tesi iraniana di una sovranità “eterna” su Abu Masa, Grande Tunb e Piccola Tunb esclude qualsiasi forma di pourparlers su questo tema con gli Emirati arabi uniti, fatto che rende il cambio di posizione russa tanto più inquietante per Teheran. Può sembrare sorprendente che Vladimir Putin renda così fragile “l’alleanza” che, secondo Volodymyr Zelensky, unisce Mosca e Teheran, visto che i droni iraniani sono diventati, dall’autunno 2022, una componente essenziale dell’aggressione contro l’Ucraina. Nelle ultime settimane, abbiamo assistito a un’intensificazione dei bombardamenti russi contro bersagli civili in Ucraina, e i droni iraniani di tipo Shahed (“martire” in persiano), più precisi dei missili russi, hanno ancora una volta provocato devastazioni.

E’ successo alla frontiera della Romania, dove decine di migliaia di tonnellate di cereali sono state deteriorate, a una brevissima distanza dal territorio di uno stato membro della Nato. Oltre alle centinaia di droni “kamikaze” già consegnati dall’Iran, la Repubblica islamica conta di trasferire la produzione di Shahed nel territorio russo. Il Cremlino ha tuttavia dovuto mediare tra, da una parte, questa cooperazione operativa e solida con l’Iran, e, dall’altra, i benefici multiformi del suo aggiramento delle sanzioni occidentali grazie agli Emirati arabi uniti. Anche se Mohammed bin Zayed, presidente di questa federazione di emirati, manifesta la sua neutralità nella guerra in Ucraina, da Dubai vengono assicurate delle transazioni fondamentali per il prosieguo dell’aggressione russa. Questo porto è diventato anzitutto un vero e proprio santuario per gli oligarchi iscritti nelle varie “liste nere” a causa della loro compromissione con il regime di Putin. Inoltre, la “flotta fantasma” che trasporta il petrolio russo in spregio alle sanzioni è in gran parte gestita dagli Emirati arabi uniti: i commercianti basati a Dubai hanno acquisito, da soli, un terzo delle esportazioni russe di petrolio da gennaio ad aprile 2023.

Mosca conta sugli Emirati anche per la fornitura di materiali sensibili, in particolare componenti elettroniche, e l’opacità della piazza finanziaria di Dubai facilita tutta una serie di operazioni di riciclaggio. Il presidente Putin ha dunque scelto di soddisfare il suo omologo emiratino sulla questione simbolica delle tre isole contestate, col rischio di scontentare un “alleato” iraniano dalle opzioni tutto sommato limitate. La Repubblica islamica ha un bisogno cruciale del sostegno russo per preservare il suo pesante investimento accanto al regime di Assad in Siria, mentre alla sua frontiera nord, l’Azerbaijan, nonostante una popolazione a maggioranza sciita, ha sviluppato una cooperazione militare con la Turchia e Israele (…). Il sostegno di Vladimir Putin a Mohammed bin Zayed nel suo contenzioso territoriale con l’Iran permette così, a un costo minimo per Mosca, di rafforzare gli Emirati arabi uniti come partner strategico dell’aggressione russa contro l’Ucraina, mentre Riad si avvicina sempre più a Kiev.

(Traduzione di Mauro Zanon)

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