Albert Anker, Ragazzo a tavola, (Ruedi Anker) II 

Il Figlio

Che cos'è il pretty privilege e perché dovremmo riuscire a essere un po' più originali

 Annalena Benini

Lettera dalle turbolenze: il brodo è in frigo e il piccione è carino

Cara famiglia, vi scrivo di nuovo, perché tanto non mi rispondete mai e anzi probabilmente  nemmeno mi leggete: la vostra indifferenza mi rassicura. Volevo solo dirvi che il mio aereo sta avendo delle turbolenze e che c’è un tornado qui vicino. Ma non preoccupatevi, tanto il brodo è in frigo. I tortellini sono quelli buoni, piccoli, dopo due minuti di cottura sono pronti ma lasciateli un po’ riposare nella pentola con il coperchio. Hanno bisogno di sentirsi a loro agio e hanno bisogno di impregnarsi di brodo. Il brodo è quello vero, ma abbiamo stabilito molto tempo fa che anche di dado va bene. Quindi, nel caso queste turbolenze non finiscano mai più, ve la caverete alla grande con il dado. Fateli riposare anche nel dado i tortellini e i passatelli, vi prego, non è pasta che va scolata, è brodo che va abbracciato. Abbiamo calcolato che tu, Giulio, sai preparare almeno cinque cose da mettere in tavola, compresi i toast e il caffè. Benedetta invece è molto brava nel tagliare il salame e nell’ordinare su Deliveroo, quindi davvero sono tranquilla, a parte le turbolenze. Una volta uno di voi ha scaldato l’acqua per la moka direttamente dentro la moka, e per scaldarla ha messo la moka in microonde. Non voglio dire chi, perché se questo è il momento degli addii non è il caso di fare polemiche. Ma poiché è anche il momento della sincerità, non sarei io se non facessi polemiche. Faccio quindi presente che abbiamo dovuto buttare il forno a microonde esploso con la moka dentro, anche se buttare non è esatto perché l’abbiamo soltanto nascosto dentro casa, nemmeno tanto bene, in attesa che un angelo scenda dal cielo e ce lo smaltisca. Forse anzi sarà la prima cosa che farò se le turbolenze dovessero peggiorare: levarvi di mezzo il microonde incendiato dalla moka. 

Niente alluminio in microonde, credevo fosse intuitivo ma adesso almeno  lo avete imparato. Per la puzza di bruciato abbiamo tenuto aperte le finestre per una settimana, e dalle finestre spalancate sono entrati i piccioni. Tra l’altro io amo i piccioni, non lo dico adesso perché ci sono le  turbolenze e loro volano benissimo e se ne infischiano, ma proprio mi stanno simpatici perché tutti li scansano e invece amano le colombe, che sono semplicemente dei piccioni bianchi. 

La colomba è il simbolo della pace, il piccione è il simbolo delle cacche di piccione. La vita è davvero strana, basta niente per essere amati, basta niente per essere disprezzati. Hai ragione tu, figlia che non sai che cosa non si può mettere in microonde ma mi hai insegnato  il pretty privilege, il privilegio della carinitudine. Anche se non so perché un piccione bianco dovrebbe essere più carino di un piccione grigioverde: dipenderà dai gusti, dalle mode, dalla nostra scarsa originalità. Ma io non volevo fare nessuna metafora, volevo solo dire che i piccioni sono molto intelligenti e hanno buona memoria e mi sono convinta che in quella settimana di finestre spalancate siamo diventati piuttosto amici. Mi riconoscevano, mi salutavano, entravano sempre nello stesso momento, mentre preparavo il caffè. Se ci penso adesso, in mezzo a queste turbolenze, mi commuovo anche un po’. Di sicuro ai piccioni mancherò, peccato che non ci siamo scambiati i numero di telefono. Le turbolenze stanno finendo, l’aereo punta dritto su Fiumicino, il tramonto è magnifico da qui e io ho una gran voglia di brodo. Il primo piccione che incontro lo abbraccio.

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