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Il Maleventum della decaduta nobiltà meneghina

Mirko Volpi

In un modo o nell'altro il Milan ha fatto un'impresa a Benevento: i rossoneri hanno concesso ai campani il primo punto della loro storia in serie A. E per di più grazie a un gol del portiere Brignoli

Si è fatta l’impresa. In un modo o nell’altro, da qualunque verso la si rigiri, il gelido vento della storia è spirato – dopo aver taciuto per circa mille anni – sul redivivo Ducato di Benevento, le cui vetuste insegne furono ammainate nel 1077. Da allora, agli occhi soprattutto dei grezzi seguaci del fòlber che sottopongono ogni cosa alla reductio ad spheram, da allora nulla più si diede di notevole in quelle misteriose lande. Ciò che è avvenuto domenica nell’antica capitale sannita (già Maleventum, e per sempre tale suonerà, d’ora innanzi, agli sciagurati rossoneri) eccede tutti i plausibilmente intuibili ghiribizzi della fottuta magistra vitae; eppure, per qualche strana ragione, l’accadimento sembrava oscuramente possibile, sempre più possibile, quasi fatale, via via che Kronos divorava, nell’indifferenza crudele della deità, minuti e secondi. Laggiù, nella Longobardia minor (a pensarci, era come se le membra sparse dell’antico dominio del popolo dalle lunghe barbe si andassero ricucendo, e poi di nuovo ferocemente strappando), si è consumato un momento epico, assurdo e grottesco assieme: quasi di certo, irripetibile. Il volgo sannita disperso, ultimo tra gli ultimi non solo d’Italia, ma dell’Europa tutta, di cui la storia non si cura (semmai, di tanto in tanto, la cronaca – la sua bieca figliastra), oppresso e umiliato, e a triste fine ineluttabilmente destinato, ha trovato negli antichi padroni del pallone, nella decadutissima nobiltà meneghina che in tempi meno barbari ne avrebbe fatto strame, gli impensati coadiutori di questa incredibile giornata di gloria e di infamia, suggellata (a ulteriori scorno e beffa) dal gol del portiere Brignoli, dalla Val Cavallina, conterraneo di quel Bartolomeo Colleoni celebre per essere stato fornito di tre balle. Molte meno di quelle che a tutti noi poveri diavoli stanno cadendo fragorosamente a terra. E con loro anche la voglia di analisi tecnico-tattiche, di disquisizioni sulla situazione societaria, sulla campagna acquisti, sullo stato di forma e mentale dei nostri mezzi campioni, sul nuovo allenatore: tutto troppo mesto. Annoto soltanto che al minuto 60, spiovendo una palla fuori dal campo, vicino alla panchina del Milan, Gattuso ha tentato di prenderla al volo di tacco. Non ce l’ha fatta.

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