il bi e il ba

Se il fascismo non è un'opinione, l'antifascismo non può essere un clichè

Guido Vitiello

Il thought-terminating cliché cancella la fatica del pensiero e della lotta sociale: così, da bravi chierici traditori, rischiamo di allevare generazioni che credono di combattere il fascismo senza studiarlo

“Il fascismo non è un’opinione, è un crimine”, ha detto Sandro Pertini, anzi no, lo ha detto Giacomo Matteotti. In realtà non lo ha detto nessuno dei due, perlomeno non in quei termini, ma poco importa: alla festa dei meme la filologia è un’intrusa malvoluta. Se la pseudo-citazione s’imprime così bene nella memoria è perché è congegnata in accordo alle esigenze sbrigative dei tempi: combina i benefici identitari dell’esorcismo ideologico, la mancanza di curiosità sbandierata con fierezza e la pigra scorciatoia dell’esposto in procura. La fatica del lavoro intellettuale e della lotta sociale sono cancellate per incantesimo verbale. È un cosiddetto thought-terminating cliché, una banalità usata per chiudere il discorso e interrompere il pensiero. Ma un cliché, scriveva Olivier Réboul in un vecchio studio sugli slogan, “ha la stessa funzione identificatrice e protettrice dell’uniforme”. E non era stata l’ideatrice del fascistometro a raccomandarci di diffidare di chi va in giro in divisa? Intellettuali e uomini di lettere dovrebbero, per deformazione professionale e per missione sociale, torcere il collo ai cliché; e tuttavia è proprio nei loro ranghi che trovi i più alacri nell’appiccicare ovunque quell’adesivo da lunotto: “Il fascismo non è un’opinione, è un crimine”. Suona bene; non significa nulla. Così, da bravi chierici traditori, rischiamo di allevare una generazione – non sarebbe la prima – che s’illuderà di poter combattere il fascismo senza darsi la pena di studiarlo; proprio adesso che certi demoni degli anni Trenta tornano ad assillare l’Europa. Il fascismo non è un’opinione, è molto di più: è una cultura, una mentalità, un’articolata visione del mondo, che a volte si ripresenta sotto le solite insegne, altre volte senza uniforme o in vesti ingannevoli, come gli omini verdi in Crimea. Combatterlo indossando la divisa di un cliché equivale a schierare contro le “idee senza parole” dei fascisti un esercito di “parole senza idee”.

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