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Il Bi e il Ba

Il nostro feuilleton mediatico-giudiziario, un interminabile libro Cuore

Guido Vitiello

Dovremmo imparare a ridere davanti al perbenismo e all'indignazione fremente che le vedette lombarde delle procure e gli scrivani delle redazioni ci somministreranno 

Giovedì un articolo del Corriere della Sera sull’inchiesta milanese, a firma di Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella, aveva per titolo uno strano virgolettato dell’architetto Marinoni: “Da noi un piano ombra del territorio, ah ah. E con alte parcelle...”. Dico strano per via di quell’“ah ah”: ai cronisti, a quanto pare, è parso irrinunciabile trascrivere con tutto quel risalto una risatina, come quella dei due imprenditori che sghignazzavano dopo il terremoto dell’Aquila. I furfanti da melodramma ridono sempre, diceva Baudelaire, e il nostro feuilleton mediatico-giudiziario che va avanti da trent’anni e rotti non può fare a meno di attori che impersonino degnamente quel ruolo, all’occorrenza sfregandosi le mani. Del resto, qui nel “paese del melodramma” il riso del fellone è diventato addirittura proverbiale grazie al romanzo che ha dato forma alla nostra mentalità quasi più dei Promessi sposi.

Penso, va da sé, al Franti del libro Cuore. Forse al Corriere avrebbe potuto intitolarlo così, il loro articolo: “E quell’infame sorrise”. Poi un giorno, chissà, potranno spendere in prima pagina la frase con cui Edmondo De Amicis fa uscire di scena il suo villain ragazzino: “Franti dicono che non verrà più perché lo metteranno all’ergastolo” (l’ergastolo era in realtà il riformatorio della Generala, ma si può giocare felicemente sull’ambiguità). Ora, non dico che si debba fare l’elogio dell’architetto Marinoni come Umberto Eco fece, ai tempi del Diario minimo, quello di Franti. Dico semmai che dobbiamo coltivare la nostra attitudine a ridere davanti all’interminabile libro Cuore di perbenismo e di indignazione fremente che le vedette lombarde delle Procure e i piccoli scrivani delle redazioni ci somministreranno a puntate. Perché il riso di Franti, ricordava Eco, è “l’ultimo grido del buon senso ferito di fronte alla frenesia collettiva”.

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