Il bi e il ba

Un magistrato che gioca a fare il giornalista: nessuna novità. Il caso Tescaroli

Guido Vitiello

Da decenni ormai il processo è un poderoso dispositivo narrativo che vuole dare forma al racconto della vita nazionale. Non ce ne accorgiamo nemmeno più. Ecco perché un premio giornalistico conferito a un magistrato non fa notizia

Un cane che morde un uomo non è una notizia. Un uomo che morde un cane lo è. Allo stesso modo, un sindacato di giornalisti che premia un giornalista non è una notizia. Ma un sindacato di giornalisti che premia un magistrato? E un magistrato che gioca a fare il giornalista? Un magistrato che parla per comunicati perentori come sentenze? Un magistrato che morde un uomo a mezzo stampa, quello è una notizia o no? La Pergamena al merito conferita dall’Associazione stampa toscana a Luca Tescaroli, procuratore di Prato, porta al pettine tutti questi nodi. Ma il pettine non è la mancata separazione delle carriere tra magistrati e giornalisti, o almeno non solo quella. Magari fosse così semplice! Il vero pettine, semmai, è l’egemonia del genere giudiziario sul racconto delle vicende italiane. Dimentichiamo (o forse non sappiamo) che il processo è tra le altre cose un poderoso dispositivo narrativo; un modo per ordinare e interpretare fatti, moventi e circostanze secondo regole specifiche e con fini specifici.

Bene, questo genere è ormai così dominante nel dar forma al racconto della vita nazionale – la storia ridotta sotto il concetto generale del codice penale – che quasi non ce ne accorgiamo più. E’ l’acqua in cui nuotiamo da decenni. Allego alla mia requisitoria un paio di frasi allucinanti che lessi nel 2018 su MicroMega: “Una delle differenze principali in materia di giornalismo giudiziario tra l’Italia e altri paesi occidentali è la capacità della magistratura italiana rispetto a quelle estere di produrre notizie, scoop, fatti di interesse pubblico. Lo dico senza tema di smentite: non esiste una magistratura così potente e così capace di produrre notizie come quella italiana”. A scriverle era un cronista giudiziario, affascinato dalla potenza mitopoietica delle Procure. In fin dei conti, mi sa che mi ero sbagliato: un premio giornalistico dato a un magistrato non è poi questa gran notizia. E’ solo un cane che morde un uomo.

Di più su questi argomenti: