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Il Bi e il Ba

Prendere esempio da Yasmina Reza

Guido Vitiello

Credo che tra i nostri scrittori in pochi frequentino abitualmente le aule di tribunale. Altrimenti non avremmo editoriali kitsch e abominevoli sui casi di cronaca nera. La drammaturga, invece, ascolta le voci di tutti: avvocati, pubblici ministeri, giudici, come se fossero suoi colleghi, ciascuno versato in un genere letterario o in uno stile di affabulazione 

Mi domando se tra i nostri scrittori ce ne sia qualcuno che frequenta abitualmente le aule di tribunale (eccezion fatta per i magistrati con il secondo mestiere di romanzieri). Sospetto di no. Se così fosse, non avremmo, a commento di tutti i casi di cronaca nera, quell’alluvione di editoriali kitsch e lacrimevoli. Io dico che dovrebbero prendere esempio dalla drammaturga Yasmina Reza, che segue processi in giro per la Francia da quando aveva quindici anni.

Il suo ultimo libro, La vita normale (Adelphi), non può non evocare l’André Gide dei Ricordi della Corte d’Assise o dei Fatti di cronaca. Con questa differenza: che Gide aveva affinato l’orecchio per gli stridori della macchina giudiziaria e per il macinío della procedura, Reza invece osserva i processi come se dovesse comporre con pochi tratti di matita un courtroom sketch, e ascolta le versioni degli avvocati, dei pubblici ministeri e dei giudici come se fossero suoi colleghi, ciascuno versato in un genere letterario o in uno stile di affabulazione. A volte questa polifonia dà forma a una storia limpida, altre volte è un caos dissonante che la rende del tutto inintelligibile. Ma le voci bisogna ascoltarle tutte. A proposito di un processo per violenze domestiche, Reza riporta la protesta di un avvocato difensore: “Dice che il caso si fonda unicamente sul presupposto della veridicità assoluta delle dichiarazioni della vittima. Vittima e non querelante, sottolinea. Sicché il suo cliente figura ogni volta come aggressore. Osserva che per un avvocato è difficile accettare questo lessico”. A maggior ragione, mi dico, dovrebbe essere difficile per uno scrittore, che oltretutto non è chiamato a pronunciare una sentenza o a infliggere una pena. Eppure, è proprio adottando a tutti i processi questo lessico che i nostri letterati producono per lo più articoli di nessun interesse letterario, perché di nessun interesse umano. Forse dovrebbero prendere l’abitudine di andare per tribunali.

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