ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO

Il Bi e il Ba

Fedeli alla linea

Guido Vitiello

Se prevarrà la corrente Bettini, il Pd si ritroverà orgogliosamente risucchiato nel vortice anacronistico della "democrazia progressiva". E allora scappino i veri riformisti

Hanno già perso vent’anni a rincorrere l’ombra del tardo Berlinguer, il Berlinguer velleitario e impolitico della questione morale. Se ora danno retta a Goffredo Bettini, rischiano di perderne altri venti inseguendo un miraggio ancora più evanescente, il primo Berlinguer del compromesso storico. L’ideologo di Zingaretti ha detto ieri al Corriere che serve un chiarimento sulla natura del partito: c’è riformismo e riformismo, e il riformismo democratico e progressista consiste nel riformare il capitalismo, civilizzarlo attraverso una politica che attui la Costituzione e impedire che i ciechi meccanismi dell’economia portino all’autodistruzione del genere umano (sic).

 

In effetti ha ragione Bettini, c’è riformismo e riformismo, e il suo non è riformismo: è il mito togliattiano della “democrazia progressiva” aggiornato da Berlinguer e Franco Rodano, e tirato giù dalla soffitta nel 2021 senza neppure una spolverata o un maquillage linguistico. Insomma, i termini del dilemma sono fin troppo chiari: o il Pd sceglie la via del riformismo, abbandonando sia il tardo Berlinguer sia il primo Berlinguer sia il Berlinguer di mezzo, e dà così un senso alla propria sopravvivenza; in caso contrario, è bene che la bandiera del riformismo la raccolga qualcun altro, e di fretta, visto che in trent’anni di elaborazione del lutto i postcomunisti non hanno riformato neppure sé stessi.

 

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