(AP Photo/Carlo Fumagalli, File) 

il bi e il ba

Maradona, il dio immisurabile

Guido Vitiello

A quale divinità somiglia davvero el diez?

Il dio del calcio, già. Ma quale dio? Dicono che Maradona fosse Dioniso, la mania e lo scompiglio nel tracciato apollineo del campo da gioco; o l’imprendibile Ermes dai calzari alati, protettore dei ladri e dei bari; o il Briccone divino, il trickster del mito amerindio, burlatore astuto e goffo; o ancora il Fanciullo eterno – El pibe de oro, non per nulla. Ebbene, voglio deporre anch’io il mio ex voto mitologico, perché l’istantanea del gol di mano all’Inghilterra nel 1986 mi ha sempre ricordato un gesto antico. Il gesto con si cattura al volo Kairos, l’efebo in corsa con il ciuffo pendente dalla fronte con cui i greci personificavano il tempo propizio, il tempo dell’occasione che non torna, così diverso dal tempo ridicolo, dissipato e triste che si estende nel prima e nel dopo.

 

 

Sarà che ho smesso di seguire il calcio poco dopo quei Mondiali messicani, quando ho smesso anche di essere bambino e il tempo ha cominciato a correre; ma mi ritrovo pienamente in queste parole dello scrittore argentino Eduardo Sacheri, che ho trovato citate nel bel libro curato da Luca Bifulco e Vittorio Dini, “Maradona. Sociologia di un mito globale”: “E così signori, mi dispiace. Non mi venite a rompere le scatole con la richiesta di misurare quell’individuo con lo stesso metro con il quale si ritiene si debbano misurare gli altri mortali. Perché io gli devo quei due gol all’Inghilterra. E l’unico modo che ho per ringraziarlo è quello di lasciarlo in pace con le sue cose. Perché già il tempo ha commesso la stupidaggine di continuare a scorrere, scegliendo di accumulare una gran quantità di presenti volgari da collocare al di sopra di quel presente perfetto”.

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